Home            Chi Siamo             Links             Cerca             Contattaci


Indulto e disinformazione


Gruppo Universitario
Casa di Reclusione Rebibbia

La Tv, pubblica e privata, e gran parte della stampa sembrano titubanti ad abbattere l’omertà che circonda gli Istituti di pena, concordi a sostenere nelle trasmissioni e negli articoli le critiche che piovono da tutte le parti sull’indulto del 31 luglio 2006 e i malefici dello stesso senza distinguo alcuno, adducendo responsabilità condivise dai due/terzi del Parlamento.
Una riflessione accurata, consentirebbe di affermare che i numeri sono al di sotto la soglia fisiologica del delinquere; ammesso e non concesso che esista una fisiologia del reato (che suona essere quasi un ritorno alle teorie antropologiche del criminale descritto dal Lombroso) o lo stesso non sia più complicatamente il frutto multifattoriale dell’ultima teoria criminologia.
Non ci sembra in ogni modo opportuno fare statistica sui casi umani che riguardano la carcerazione e le vittime dei carcerati, non potendo i numeri per caratteristiche endogene esprimere adeguatamente i disagi dello status; essi sono infatti portatori di valore assoluto, ma non quantificano l’intensità.
Ci appare più convincente partire da un semplice assunto che concerne l’iter legislativo, il quale prevede che sia un giudice (e a riprova dell’unicità di tale figura lui e lui solo) a sentenziare una condanna prevista dal codice penale e non un plebiscito popolare che ricorda più le lapidazioni e i roghi di inquisizioni della controriforma di antica memoria, dove tutti partecipano a un verdetto senza aver studiato la causa.
La totale disinformazione e, più spesso la malainformazione, sulla vita in carcere stagnano il pregiudizio e non permettono di rimuoverlo, rendendo vacuo il dettato costituzionale ex art.27, compreso il rispetto dei principi fondamentali assolutamente inviolabili. I progressisti dicono “il carcerato non è un cittadino minore, ha sbagliato ma va aiutato a ricostruirsi una vita”, raggruppando nella parola “carcerato” un’unica tipologia, spesso sostituita dai conservatori con delinquente.
Così le genti di destra, di centro e di sinistra, convinte che negli istituti esistano solo criminali incalliti, non distinguono; se sei in carcere non conti più nulla, perdi ogni diritto, poco importa se sei un drogato che trascina la vita fra gocce e crisi, oppure un rapinatore che ha ucciso la guardia giurata, se hai rubato un motorino o massacrato una famiglia e poi fatto i conti con la conseguente faida, i ristretti sono democraticamente eguali, stereotipatamente eguali, superficialmente eguali.
L’Italia è piena d’aspiranti Commissari Tecnici che si dilettano a stilare le informazioni della Nazionale di calcio, perché i Media tutti (TV di Stato in primis) fanno a gare per illustrare ogni dettaglio delle partite, della tattica e della strategia.
Allo stesso modo l’Italia è piena d’aspiranti giudici che invece non sanno nulla del carcere e dei carcerati, spesso meno ancora di giurisprudenza, ma sentenziano e sono anche ipercritici.
Nessuno vuole mettere in dubbio il bisogno di sicurezza del cittadino, né tanto meno confutare di dover pagare i reati commessi, ma è necessario un distinguo e la reale individuazione, e prosecuzione, di un percorso di rieducazione personalizzato.
Se è vero che siamo tutti uguali davanti all’Onnipotente (sia esso Dio o Maometto o divinità politeiste) è altrettanto vero che nessun individuo è eguale all’altro e non è comprensibile sottoporre tutti allo stesso metro di giudizio e alla stessa tipologia di sconto della pena.
L’indulto, pur con i dovuti  distinguo per taluni reati, andrebbe condiviso se non altro per aver consentito di sgravare un peso opprimente e mettere in condizione le Istituzioni di operare in una dimensione d’efficienza, rispettando un Codice che condanna il reo, ma che è disatteso per quanto concerne il trattamento dello stesso e non perché ci siano aguzzini o speculatori, semplicemente per una questione di soldi, d’endemica mancanza di denaro per investire in strutture e infrastrutture, ormai fatiscenti.  (…)

Dentro le mura del carcere il cittadino troverà storie ancora più crude di quanto non possa immaginare, ma troverà anche vicende umane contro le quali scagliarsi è un atto di forza che non vale la pena esercitare perché forse basterebbe una parola, un gesto, un consiglio.
Ancora troverà gente distrutta  dal peso degli errori, gente irridente al peso degli anni di condanna.
E poi troverà chi spera e chi ha smesso di farlo, chi vuole cambiare vita e chi non lo farà mai, chi migliora e chi peggiora.
Troverà tutto questo, e continuerà a chiamare tutti delinquenti, semplicemente perché sarà più facile massimizzare che non entrare in un’analisi dei termini della questione.
Così non ci sarà mai la forza, da parte della politica, di combattere il male, la paura di perdere voti e consensi non consentirà mai l’attuazione di riforme, si continuerà a fare finta che il problema è sotto controllo e si renderà irreversibile un processo di degrado.
Questo non significa dover concedere benefici, semplicemente ragionare per arrivare a soluzioni che siano largamente condivise. Non è più possibile parlare del carcere e del trattamento senza mettere al centro dello stesso l’individuo, lui è l’oggetto vero della questione, se meriterà un aiuto gli sia concesso, se non lo meriterà gli sia tolto, se dimostrerà  di poter ritornare nella società sia reinserito, altrimenti rimanga in carcere.
Tutto questo senza buonismo o perbenismo, ma attraverso una reale critica che sappia essere analitica e meritocratica, e che con il dovuto distinguo non continui a darci del voi ma del tu.
Vorremmo poter offrire un contributo a questo pensiero raccontando le nostre storie per portare a casa degli italiani, di tutti i nostri concittadini, la verità in tutte le sue sfaccettature, con la crudeltà che solo la verità sa dimostrare.
Una verità necessaria per non fare di un problema un falso problema, solo così la classe dirigente troverà il coraggio dell’azione e non avrà paura di trasmissioni che continuano a chiamare tutti stupratori, anche se tali reati rappresentano un millesimo di un pianeta sconosciuto.

 

Share/Save/Bookmark
 

Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


Relizzazione tecnica: Emiliano Nieri
Progetto grafico: Enrico Calcagno, Daniele Funaro - AC&P - Aurelio Candido e Partners
Powered by Joomla!