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Dogs & Order


di Mauro Palma
Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti

Meno male che è l’amico dell’uomo. Vederlo passare, insieme ai suoi amici, per i corridoi di un tetro carcere, a fianco di chi adempie due volte al giorno il compito della conta dei detenuti, fa venire in mente pensieri poco amichevoli. Soprattutto da parte di chi viene, appunto, contato e talvolta obbligato a dettagliate e poco dignitose perquisizioni corporali. Sempre in sua presenza. Lui e i suoi amici, gli altri cani, sono sempre lì, tenuti al guinzaglio da robusti agenti della sicurezza interna del carcere, con il morso tenuto a bada da una forte museruola: ma, non sempre, mi dicono i detenuti intervistati, perché spesso queste quotidiane operazioni sono condotte in presenza di cani tenuti al guinzaglio sì, ma a bocca ben libera.
La presenza dei cani sembra frutto della letteratura minore penitenziaria o di qualche fiction d’oltre oceano. Invece no, siamo nel cuore della vecchia Europa dove in molti Istituti penitenziari gli amici dell’uomo sono tuttora ampiamente impiegati. Non solo per quelle operazioni di ricerca di droga che in periodiche, ma pur sempre eccezionali circostanze vengono condotte un po’ in tutti i luoghi di detenzione dei vari paesi: cani che fiutano la presenza di sostanze negli anfratti più reconditi. Anche per operazioni di controllo – quale la traduzione di detenuti classificati come “ad alto rischio”, all’esterno di un Istituto o anche al suo interno, da una sezione a un’altra. E per operazioni di routine in cui il loro impiego sembra dettato solo da motivi di intimidazione e di preventiva difesa rispetto a ipotetiche temute aggressioni. Del resto come giustificare altrimenti la presenza dei cani nel contare persone?
Sedici cani ho incontrato in uno degli Istituti recentemente visitati in Slovacchia, venti in un altro. La normativa ne prevede l’impiego per: prevenire aggressioni o attacchi al personale, sedare rivolte o risse, prevenire fughe o localizzare eventuali fuggitivi, costringere un detenuto ad abbandonare un luogo dove si stia nascondendo o da cui si rifiuti tenacemente di uscire, scortare nei trasferimenti, evitare l’ingresso in carcere di armi o di altro materiale pericoloso, trovare droga, sostanze psicotrope o esplosivi. Un impiego, quindi, potenzialmente molto ampio, che racchiude alcuni aspetti in cui la presenza di cani ha una sua motivazione (il trovare esplosivi o droga), altri in cui sembra essere un mero deterrente (scortare o prevenire fughe) e altri ancora in cui la definizione vaga lascia ampie possibilità a una funzione intimidente e lesiva della dignità delle persone (prevenire non ben definiti attacchi o sedare conflitti interni).
Indipendentemente dall’effettivo impiego nelle situazioni concrete, lascia perplessi la previsione stessa di questa arcaica forma di controllo, presente in norme pur adottate in anni recentissimi. Un’indagine più accurata rivela che l’impiego dei cani all’interno delle sezioni e dei corridoi, è previsto in molti ordinamenti penitenziari centro-europei, in parte di antica tradizione austro-ungarica tramandatasi fino a oggi, in parte di reminescenze germaniche, in parte infine quali sostituti “poveri” dei vari strumenti di controllo tecnologici adottati altrove, in tempi di drastiche riduzioni di personale.
Pagine e pagine di norme dettagliate accompagnano spesso le modalità del loro mantenimento e addestramento, molte meno quelle che definiscono i casi di divieto assoluto del loro impiego.
La lettura di tutte queste pagine lascia il retrogusto di due riflessioni del tutto diverse tra loro: la prima è sul dispendio di pensiero, parole e definizioni di cui i sistemi di controllo sono bulimici produttori; la seconda è su quale rapporto  esista tra l’antiquato controllo via cane e quello più up-to-date via strumenti elettronici a distanza. I morsi del primo, le scariche elettriche del secondo, l’inseguimento di entrambi di un’erronea idea di sicurezza.

 

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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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