Primo luglio 2011, un altro "morto di Stato"?
Michele Ferrulli, 51 anni, muore il 1 luglio 2011 sotto casa sua, in via Varsavia a Milano. Ferrulli aveva ritardato il ritorno dalla moglie, che lo aspettava per cena, e si trovava nel bar sotto casa in compagnia di due amici. Pare che il gruppetto fosse sul marciapiede, a bere birra, e pare che Ferrulli avesse acceso lo stereo del suo furgoncino bianco e mandando musica forse a volume un po’ alto. Ad ogni modo, non si sa ancora avvertiti da chi, arrivano sul posto alcuni poliziotti. Prevedibilmente chiedono ai tre di mostrare loro i documenti . Da questo punto, la ricostruzione dei fatti diventa nebulosa. Ferrulli rimane da solo insieme ai poliziotti e quello che fino adesso si è potuto ricostruire, lo si deve a un paio di filmati amatoriali, girati da alcune persone che hanno assistito al fermo. Nelle immagini, mandate in onda tra gli altri dal Tg3, si vede l’uomo riverso a terra, con la faccia sull’asfalto, circondato da poliziotti. Un ingrandimento delle immagini, consente di vedere Ferrulli colpito più volte da calci e pugni sferrati dalle forze dell’ordine. L’audio del video, inedito fino a ieri, fa sentire le voci di due donne romene che stavano filmando: “Lui pesa troppo, l’hanno preso per i capelli, gli hanno dato un colpo nell’occhio”. Voci concitate, preoccupate, qualche piccolo grido lanciato nei momenti in cui è evidente che Ferrulli viene colpito. Muore così, Michele Ferrulli, per un arresto cardiocircolatorio, con le manette a stringerli i polsi dietro la schiena, riverso per terra “come un cane”, come dirà la figlia dell’uomo, Domenica. A Buon Diritto ha raggiunto questa giovane donna e le ha posto alcune domande.
Dopo due mesi e mezzo dalla morte di suo padre, c’è stato qualche passo avanti nelle indagini?
Subito dopo la sua morte, sono stati emessi quattro avvisi di garanzia nei confronti degli agenti che hanno effettuato il fermo. Per qualche tempo, poi, non si è saputo più niente. Nei giorni scorsi, insieme all’avvocato Fabio Anselmo, abbiamo incontrato il pubblico ministero Ruta, che voleva archiviare il caso. Secondo il Dottor Ruta, i due filmati amatoriali che sono stati girati non potevano valere come prova, perché invece del supporto originale era stata consegnata una chiavetta usb. Il pubblico ministero riteneva non utilizzabili i video perché potevano essere stati manomessi. Con l’avvocato Anselmo ci siamo fermamente opposti, consegnando atti nuovi con spiegazioni dettagliate di quanto accaduto e ribadendo che i filmati erano stati scaricati in una redazione televisiva in presenza di testimoni. Finalmente, abbiamo avuto notizia che i carabinieri, insieme a un tecnico informatico, si sono recati nella redazione Mediaset dove era stato scaricato il file e hanno proceduto al sequestro dei filmati. Questo è sicuramente un passo importante.
Quali sono le difficoltĂ che avete dovuto affrontare?
Le molte cattiverie dette sul conto di mio padre. Hanno scritto che era un pregiudicato, che aveva precedenti penali. Violenza, minaccia a pubblico ufficiale, ingiuria, invasione di terreni o edifici, lesioni personali e insolvenza fraudolenta. Hanno scritto di tutto, neanche una parola è vera. Mio padre non ha mai avuto problemi con la giustizia. Quello che viene spontaneo domandarmi è: chi ha sentito la necessità di fornire tutte queste informazioni false sul suo conto? A chi hanno giovato tutte queste menzogne? Vorrei che qualcuno avesse il coraggio di venire a dire a me tutte queste cattiverie sul suo conto, almeno avrei la possibilità di controbattere, di smentire e di difenderlo. Lui non può più farlo. E vorrei anche sapere dal vice questore perché ha detto, con le lacrime agli occhi in un’intervista, che la famiglia ha rifiutato l’incontro con lui. Anche questo non è mai successo.
Quella sera, nei minuti successivi alla morte di suo padre, molte persone sono accorse sul posto. Che ne è di quelle testimonianze?
Quando sono arrivata in via Varsavia non sapevo ancora niente di quello che era successo. Mia madre mi aveva telefonato, ma non era riuscita a spiegarmi nulla, avevo solo capito che era molto agitata. Conoscevo di vista molte delle persone che erano radunate lì davanti e subito ho notato che tutti erano molto arrabbiati con le forze dell’ordine. I poliziotti venivano insultati e la gente gridava che erano degli assassini. Io ero come impietrita e una persona mi ha addirittura chiesto più volte come potevo stare lì ferma senza reagire. Tutti, comunque, mi hanno incitato ad andare avanti e a cercare giustizia. A distanza di poco tempo invece, c’è chi addirittura non mi saluta più, chi non riesce neanche a guardarmi in faccia, e so anche che alcune persone che hanno testimoniato sono state minacciate di non parlare di quanto avvenuto quella sera. Se nessuno ha colpa, perché tutto questo?
Vorrei solo aggiungere una cosa. Vorrei dire a tutti di non aver paura di parlare. Devono solo dire la verità , raccontare quello che hanno visto. Bisogna avere il coraggio di parlare, perché queste cose non devono accadere più.
14 settembre 2011
Innocenti Evasioni
http://www.youtube.com/watch?v=wzLwfIHtJjQ
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