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Libero ovunque tu sia
Yoga in carcere: l'alternativa interiore

di Manuela Ciavatta

Educatore penitenziario e insegnante di kundalini yoga.

 

L’ordinamento penitenziario prevede l’offerta di interventi rivolti alla persona detenuta, allo scopo di determinare un percorso di rivisitazione critica del proprio vissuto,  quindi anche del reato, e di autodeterminazione al cambiamento.

E’ difficile considerare quella zona oscura - il carcere, appunto - come un luogo dove ripensare, rivivere se stessi, potersi indagare.

Che cosa significa per un essere umano sperimentare la costrizione per lungo tempo?
Cosa significa vivere alla luce di un crimine o di un atto considerato moralmente inaccettabile dalla società?

Cosa significa vivere nel rimorso o nella rabbia? Cosa significa quella rassegnazione passiva e quell’apatia? Come la noia, vissuta dalla maggior parte dei carcerati, può diventare fonte di introspezione per loro stessi?

Il detenuto dovrebbe recuperare quell’interiorità sottovalutata durante la vita carceraria, e anche prima del carcere, al fine di rivalutare se stesso, per riscoprire la dimensione sacra della sua umanità.

Un valido aiuto può essere fornito dalle tecniche yoga e dalla meditazione, attraverso le quali una persona può raggiungere una condizione di serenità ed un profondo contatto con se stessa. Focalizzando l’attenzione sulla propria interiorità si diventa sempre più consapevoli di chi siamo, di ciò che vorremmo essere veramente, si stralciano gli orpelli e, quindi, si butta giù la maschera. Si può, allora, prendere coscienza del crimine commesso ed arginare  rabbia ed aggressività.

Lo yoga non crede alla separazione tra lo spirito e la materia. Aiuta a riconoscere gli inganni della mente e tutti i fenomeni fittizi che ci circondano. Ricercare l’equilibrio in tutte le attività della vita, far sì che l’uomo non si aggrappi a persone e cose, respingere sentimenti ingannevoli e negativi che portano malessere al corpo e alla mente,sono gli obiettivi generali di questa disciplina.
Parte fondamentale nella pratica dello yoga è la respirazione (pranajama). Molti maestri ritengono che l’allievo che ha imparato correttamente le tecniche di respirazione, ha raggiunto un buon livello di conoscenza della disciplina.

Riguardo al respiro, vanno evidenziati tre concetti importanti, frutto dell’esperienza: nel nostro essere l’energia vitale è veicolata dal respiro; l’energia vitale è diretta dalla mente, infatti “dove si dirige la mente, là si dirige l’energia”; la respirazione è l’unica attività corporea che, pur essendo involontaria e quindi non cosciente, può essere controllata dalla nostra volontà.
Il respiro diventa un veicolo di comunicazione tra il conscio e l’inconscio. Perciò “quando la mente è agitata, il respiro è agitato; quando il respiro è calmo, la mente è calma”. Controllando il respiro, si può accrescere l’energia vitale, tenere a bada gli stati emotivi ansiosi, raggiungere una maggiore concentrazione mentale. Respiro (pranajama) deriva dalla parola di origine sanscrita “prana” che significa “soffio vitale” e “yama”, che significa “controllo”.

Lo yoga ritiene, inoltre, che gran parte della salute fisica e mentale dell’uomo dipenda dalla qualità della sua alimentazione. E questo sempre in base al principio che alla salute fisica corrisponde una salute mentale (l’antico detto latino “mens sana in corpore sano”). Gli alimenti trasmettono agli uomini la loro energia. Fondamentale è anche l’aspetto fisico del cibo, perché la mente umana associa ai colori e alle forme del cibo sensazioni piacevoli o spiacevoli.

La condizione carceraria è un tema molto dibattuto, in quanto tratta della privazione di due elementi essenziali nella vita di un individuo: la libertà e le relazioni affettive.

Se il detenuto ha avuto problemi con la droga a tutto ciò si deve aggiungere il trauma dell'astinenza, non intendendo con questo  semplicemente la sommatoria dei sintomi fisici, ma, soprattutto, il grave stato di disagio psichico determinato dall'idea di non poter più disporre di ciò che ha giustificato in modo significativo le azioni del tossicodipendente, dando senso, per quanto patologicamente, alla sua esistenza ed alle sue scelte.

L'improvvisa indisponibilità di una sostanza che sembrava offrire una soddisfazione onnipotente corrisponde all'emergere di un notevole stato di ansia ed angoscia con conseguente rischio di scompensazione e di destrutturazione della personalità.

La presenza di questi intensi bisogni apre però spazi estremamente importanti per l'avvio di un processo di cambiamento generale in quanto viene demolito improvvisamente un equilibrio patologico ed assai forte è la motivazione a ricercare rapidamente un'altra fonte di equilibrio.

Questo delicato momento può costituire un'opportunità irripetibile per offrire a tali persone le sofisticate tecniche del Kundalini yoga in modo tale da rafforzare il fisico, equilibrare la mente, elevare lo spirito e raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e del proprio vissuto personale, con la speranza che tutto ciò possa costituire un momento fondamentale verso la riappropriazione della vita.

La pratica della  meditazione risulta utile nel prevenire o ritardare l'evolversi di svariate malattie, dai problemi cardiaci ai tumori, all'aids. Viene consigliata nei casi di iperattività, depressione, stress, deficit dell'attenzione. Mentre tecniche di visualizzazione mostrano, nei dettagli, come questa pratica sia in grado di modificare l'attività cerebrale influendo sull'organismo.

Quando si medita, il corpo si rilassa, la mente si calma, il respiro rallenta. Il cervello emette onde elettriche più lente e profonde, simili a quelle prodotte durante il sonno; nel sangue aumentano gli ormoni del benessere e del relax, come serotonina o melatonina, mentre diminuiscono quelli dello stress, cortisolo e adrenalina.
Meglio di uno psicofarmaco e senza assuefazione né effetti collaterali.

Alcuni ricercatori dell’Università del Wisconsin hanno eseguito una serie di test su un gruppo di buddisti durante la meditazione. Ne è emersa un'attività superiore alla norma del lobo prefrontale sinistro, legato alle emozioni positive, all'autocontrollo e al buon umore.

La meditazione, in particolare, influisce sull'amigdala, riducendo sensazioni negative come rabbia e paura, e aumentando quelle positive. Benefici che permangono anche a meditazione finita: all'esame elettromagnetico, le aree della serenità sono risultate costantemente accese.

Il cervello di chi medita con regolarità, secondo Francisco Varela, direttore del Laboratorio di neuroscienze all'Hôpital de la Salpétrière di Parigi, si “riarmonizza” grazie alla produzione di onde theta e alfa. “Come se venissero spenti i circuiti nervosi superflui e si riducesse il sovraccarico”. Forse per questo in Svizzera, Germania e Usa alcune compagnie di assicurazione praticano uno sconto sui premi delle polizze sanitarie a chi dimostra di meditare con regolarità. Per questo istituzioni e comunità terapeutiche la usano per la riabilitazione, e per gli esperimenti più singolari.
Una ricerca finanziata dai National institutes of health sui detenuti di Monterey, California, pubblicata nel 2002 su “Alternative & complementary therapies”, ha dimostrato che tra i detenuti che seguivano un programma di meditazione il 45 per cento non è rientrato in carcere a distanza di due anni.

Nei penitenziari di New York e Berkeley, gruppi di buddisti insegnano ai detenuti. Nella cappella del carcere di Sing Sing, invece, il prete cattolico Ron Lemmert organizza gruppi che meditano camminando lungo un itinerario a spirale simile a un labirinto.

Abbiamo scoperto che spesso la chiave per la risoluzione delle crisi globali si trova nella trasformazione interiore di ogni individuo piuttosto che nei progressi tecnologici o nei cambiamenti sociali. Sulla base di una esperienza giornaliera, si può credere sinceramente che lo Yoga e la meditazione possano essere un veicolo estremamente potente e unico per realizzare questo alto ideale di trasformazione globale.

Ma, dopotutto, cos’è un essere libero? E’ colui che è libero dalla negatività. Egli è l’essere liberato al quale non mancherà mai niente.

L’uomo è schiavo delle proprie abitudini, ma cambiandole può giungere alla liberazione.

Mahatma Gandhi venne imprigionato in India e quando giunse il momento del rilascio chiese di rimanere ancora una settimana, gli domandarono per quale motivo e lui rispose che alle tante persone recluse aveva insegnato uno speciale corso di meditazione che richiedeva ancora una settimana per essere concluso.

Gli venne risposto che la permanenza gli sarebbe costata quattro rupie al giorno, altrimenti nulla da fare. Restò.

Con questa consapevolezza egli non si era mai sentito imprigionato.

 

 
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il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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