Ucciso in carcere da una «overdose» di gas
la Nuova Sardegna 9.10.2011
Morire in carcere, dove gira liberamente una droga «povera», l'unico tipo di sostanza per cui la produzione e la vendita non costituisce reato. Fabrizio Piras, 23 anni di Sassari, è deceduto venerdì notte in una cella di San Sebastiano a seguito di una «overdose» di gas inalato dalla bomboletta di un fornellino da campeggio. E sulla sua morte è mistero, perchè ci sono le versioni contrastanti dei cinque compagni di cella. Diversi i dubbi da chiarire.  «Soffocamento per dilatazione dell'epiglottide», ha detto dopo i primi sommari accertamenti il medico legale Francesco Lubinu. Ma il magistrato titolare dell'inchiesta, Gianni Caria, ha disposto l'autopsia che sarà effettuata domani mattina all'istituto di Patologia forense. Sotto sequestro la cella, sigillata dagli investigatori del Servizio investigazioni scientifiche. Le indagini sono state affidate ai carabinieri della compagnia di Sassari e del Reparto operativo. L'obiettivo è accertare la verità , capire che cosa è successo e definire eventuali responsabilità . Stabilire con certezza se si è trattato di un incidente, se il giovane detenuto ha assunto il gas dalla bomboletta per stordirsi, come sonnifero per tentare di dormire e provare a sopportare il disagio del vivere in una cella degradata e sovraffollata. Se ha fatto tutto da solo, senza la partecipazione di terze persone. Se ha sbagliato perchè era inesperto. In ogni caso, fino a quando l'inchiesta non sarà conclusa, non si può bollare come incidente o suicidio un decesso che potrebbe non essere tale.  La tragedia poco prima delle 22.30, in una delle celle al primo piano del vecchio carcere di via Roma. Sei detenuti, alcuni guardano la tv, altri propongono una camomilla prima di andare a dormire. Fabrizio Piras è in carcere da poco meno di un mese, non gradisce la tisana rilassante. Dice che preferisce prepararsi lui una camomilla doppia, prende il fornellino e compie pochi passi verso il bagno. È lì che solitamente i detenuti cucinano il cibo. Da questo momento le testimonianze dei compagni di cella diventato contrastanti, tanto che ci sono diversi aspetti da chiarire. E il sostituto procuratore della Repubblica Gianni Caria non vuole sorprese: troppo recente la vicenda di un altro detenuto, Marco Erittu, morto in una cella d'isolamento. Vicenda inizialmente archiviata come suicidio, salvo poi scoprire - a distanza di anni - che l'uomo era stata ucciso. Sono stati arrestati presunto esecutore, mandante e altri complici (tra i quali anche un agente della polizia penitenziaria).  La storia di Fabrizio Piras, però, è diversa. Alcuni compagni di cella raccontano di averlo visto uscire barcollante dal bagno, quindi cadere a terra privo di sensi. Altri - tra i quali un cugino della vittima - hanno invece riferito di essersi preoccupati perchè il ragazzo non tornava dal bagno, la porta era socchiusa. E quando sono andati a controllare se c'era qualche problema l'avrebbero trovato rigido, con gli occhi sbarrati, incapace di muoversi. Come se fosse un robot, tanto che sulle prime hanno pensato a uno scherzo. Invece era tutto terribilmente vero: Fabrizio Piras aveva la bava alla bocca. Sono scattati i soccorsi, tra urla e concitazione: massaggio cardiaco e respirazione. Operazioni di rianimazione alle quali avrebbe preso parte anche la guardia di servizio al piano. Fabrizio, però, non reagiva, da qui la decisione di trasferirlo in infermeria dal medico di guardia e dove - secondo quanto si è appreso - sarebbe arrivato già morto. Nessun segno di colluttazione sul corpo che possa fare pensare a una azione violenta. Un mistero. L'ipotesi privilegiata dagli investigatori è quella del «fatto incidentale». Si aspetta l'esito dell'autopsia e si valutano le dichiarazioni dei compagni di cella. Perchè quelle versioni differenti?
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