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PRESENTARE UN LIBRO SCRITTO DENTRO

Il libro Raccontare in carcere. Attimi che cambiano la vita è stato presentato il 23 marzo 2009 a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, da Piero Damosso, Giancarlo De Cataldo, Ornella Favero, Angiolo Marroni, Leda Colombini. E' stata un'occasione di dibattito sulla funzione della pena e sul senso della scrittura. Purtroppo solo uno degli autori era presente, in quanto agli altri non è stato accordato il permesso. Qui di seguito l'intervento fatto da Leonardo e due contributi scritti da altrettanti autori.

 

? Intervento di Leonardo De Pace Lòpez
Cos’altro si può aggiungere su questo corso di scrittura che dopo 6 anni di attività ininterrotta è diventato un laboratorio permanente a Rebibbia N.C., realizzando, quasi ogni anno, una pubblicazione dei nostri racconti. Narrazioni che non sono stati altro che l’espressione più profonda del nostro vissuto come persona. Per quanto mi riguarda posso dire che sin dal primo anno è stato uno dei punti fermi nel mio percorso trattamentale, unitamente alla mia ritrovata fede cristiana, sostenuto dai miei Ministri di culto. Insieme sono riusciti a farmi riacquistare quei valori che fanno dell’essere umano la creatura più importante dell’Universo, valori che avevo smarrito, sì, ma non dimenticato e attraverso la scrittura ho condotto molti dei miei nodi al pettine, riuscendo persino a scioglierne alcuni.
Scrivere in carcere consente, a chi lo desidera, di scavare in profondità, di tagliare gli ormeggi e permettere a ricordi e sentimenti di uscire allo scoperto e viaggiare, ma anche di mettersi in discussione, e secondo me per ben due volte, prima con se stesso e dopo attraverso il giudizio altrui, quindi non è una cosa semplice, né da tutti, richiede molto coraggio, ma questo non solo nel nostro contesto, perché riprendendo alcune parole espresse dal nostro garante, il Dott. Marroni, quando disse che “… nessuno è innocente”, parole che condivido pienamente, capisco che c’è qualcosa di peggiore del carcere stesso, ed è fare i conti con la propria coscienza.
Theodoro Roosvelt disse una volta: “Non conta quello che raccontano i critici sulla caduta dell’eroe o quelli che spiegano dove poteva fare meglio. Il merito va a chi ha il coraggio di scendere nell’arena.”
È quello che abbiamo fatto con i nostri scritti in questo libro, alcuni utilizzando l’immaginazione, altri riportando esperienze personali, il più delle volte romanzate, per rendere il racconto più scorrevole, ma la cosa interessante, e quella più importante, è stata la ricerca del momento, di quell’attimo che ha cambiato la vita nel racconto, che ha causato la svolta, che ha smosso le fondamenta stesse di un modo di vivere errato, facendo capire però che si è sempre in tempo per fare un passo indietro, senza dimenticare che gli errori si pagano, e anche amaramente, nessuno esente, ma è proprio questo il primo passo per cominciare a fare i conti con il proprio passato, accettare di pagare. Nel mio racconto, L’occhio del Serpente, l’attimo del cambiamento è stato quando sono venute meno alcune norme e regole di quel mondo che, anche se dissoluto e disumano, lo reggevano, quindi si sono rotti alcuni equilibri, e chi meglio di noi per sapere cosa vuol dire rompere certi equilibri? I più fortunati siamo in galera, il resto sotto terra, quindi in un certo qual modo considero che siamo dei privilegiati perché abbiamo una seconda chance, prima per capire e metabolizzare tutto quello che abbiamo fatto, poi per rimediare.
Spero che iniziative come queste vengano appoggiate maggiormente dalle Direzioni e che in futuro questo percorso formativo occupi lo spazio che si merita nel trattamento di quei detenuti che lo scelgono e che il loro sforzo non venga vanificato, bensì riconosciuto come prova ineluttabile della propria voglia di cambiare ed essere di nuovo cittadini responsabili e affidabili.

 

? Intervento scritto di Corrado Ferioli
Signori e signore,
sono Ferioli Corrado, uno degli autori del libro che viene in questo momento presentato al pubblico. Scrivere i racconti presenti nel libro e partecipare ai lavori è stato molto impegnativo, soprattutto a livello introspettivo, poiché ho necessariamente lavorato sulla mia personalità, sulle mie aspirazioni future, sull’analisi delle devianze del passato e anche dei reati commessi, partendo da alcune convinzioni e arrivando ad averne altre. È stato anche doloroso, soprattutto quando sono stato sollecitato a scrivere la sceneggiatura del racconto dell’esperienza in permesso premio per fare visita ai miei genitori, che sono anche le vittime dei miei reati, e mai ero riuscito ad esternare certi sentimenti, dolorosi e difficili da vivere anche nella quotidianità.
Ritengo questa esperienza un ottimo strumento educativo, perché consente a chi vuole di rivedere criticamente il proprio vissuto mediandolo attraverso l’espediente della finzione narrativa e mi auguro che in passato questa esperienza possa essere ampliata e rafforzata, inglobandola nel trattamento rieducativo dei detenuti che vi partecipano.
Purtroppo sono presente tra voi solo attraverso uno scritto e sono un po’ dispiaciuto di questo, ma la realtà del carcere è sovente difficile e complicata nei suoi iter. Rifletto sul motivo per cui non sia stata possibile la mia presenza nell’evento che illustra adeguatamente quanto mi sia esposto, migliorato e messo in discussione nel corso degli ultimi due anni di laboratorio di scrittura...
Termino augurandovi buona lettura.

 

? Intervento scritto di Matteo Cateni
Non vi preoccupate sarò breve, di solito si dice così non è vero?
Avrei desiderato essere lì oggi a dire la mia, ad esprimervi ciò che penso, quello che ho vissuto anche se non credo che sarebbe bastato questo incontro per farlo, comunque mi tocca farlo attraverso questa lettera-messaggio.
Quando sono approdato al corso di scrittura di Luciana Scarcia, l'ho fatto come molti altri detenuti lo fanno, cioè per uscire dalla cella, venivo da tre anni di carcere in Ecuador, dove non esistevano attività di nessun tipo, quindi avevo voglia di fare qualcosa, qualsiasi cosa, e non mi aspettavo che sarebbe stata un'esperienza così forte che avrebbe cambiato il senso della mia detenzione.
Non sono certo il tipo da sviolinate, da inutili convenevoli, tanto meno adesso che non mi trovo più tra le mura di Rebibbia, però mi sento in dovere lo stesso di dire ciò che penso. Uno dei problemi maggiori del carcere, non è l'immobilità fisica che ti affligge, ma la staticità mentale, dei discorsi, degli stimoli culturali, che genera questo posto, e questo corso è la risposta più forte che io vi abbia
incontrato.
Scrivere ti fa ragionare con te stesso, ti fa affrontare i tuoi fantasmi, scandagliare il tuo inconscio più recondito, ma discuterne insieme a persone intelligenti, sotto la guida di una grande persona come Luciana, trasforma tutto questo scrivere in un vero percorso di crescita individuale e personale.
Quando dal corso tornavo verso la mia cella, a volte potevo sentire la mia mente respirare, mi sentivo più leggero e queste sensazioni sono impagabili, unite al senso di complicità che sviluppavamo fra noi che frequentavamo il corso. Sembrava che fossimo un passo avanti rispetto a tutti gli altri. Stimolare il cervello delle persone detenute è uno dei pochi aspetti veramente e altamente rieducativi che risultano efficaci, a mio avviso, proprio perché molto spesso sono l'ignoranza  e la banalità che generano la criminalità e il disagio sociale.
Vorrei ringraziare un po' tutti, a cominciare da Luciana, Tristan [studente universitario volontario che collabora alla gestione del Laboratorio (nota del curatore)], i miei compagni di detenzione e tutti quelli che hanno partecipato a questa esperienza.
Avrei voluto essere lì con voi, ma il Magistrato forse avrà pensato che non era abbastanza riabilitativo per la mia persona .....


Comunque grazie.

 

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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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