In coma dopo aver ingerito metadone in carcere: ex detenuto risarcito con un milione e 600 mila euro
Ingerì metadone in carcere, probabilmente dopo aver consumato eroina, e riportò lesioni permanenti. Per questo il Tribunale di Firenze ha condannato il Ministero di Giustizia a risarcire un milione e 600mila euro a un detenuto aretino. L'uomo, C. M., che all'epoca dei fatti era un poco più che trentenne, era detenuto presso il carcere San Benedetto di Arezzo e rimase in coma per molto tempo. In seguito riportò una lesione cerebrale che oggi lo costringe alla sedia a rotelle. La vicenda è approdata in Tribunale e dopo dieci anni è arrivata la sorprendente sentenza. L'aretino, assistito dai legali dello studio Fanfani (Giuseppe Fanfani e Laura Giovannacci), aveva problemi di tossicodipendenza. "Era il 1997 - si legge nella ricostruzione fatta dai legali - venne incarcerato. Dopo qualche giorno di detenzione, venne ricoverato in una condizione clinica di coma all'ospedale di Arezzo. La consulenza disposta dal Giudice di Firenze ha consentito di accertare che il coma e la conseguente anossia cerebrale è derivata dalla assunzione in carcere di un micidiale cocktail di oppiacei, in parte somministratigli dal personale della casa circondariale di Arezzo sotto forma di metadone e farmaci neuro-deprimenti, in parte assunto autonomamente e di propria iniziativa sotto forma di eroina. L'anossia cerebrale ha causato a C.M. la permanente paraplegia degli arti inferiori". I legali hanno sostenuto una tesi innovativa: "Siccome il giovane era detenuto, e per di più era soggetto tossicodipendente, sussisteva un particolare obbligo di protezione da parte della struttura, derivante dall'impulso di tali soggetti a soddisfare il bisogno di sostanza stupefacente, obbligo comprensivo del dovere di impedire la circolazione di sostanza stupefacente nella struttura carceraria, luogo sottoposto (o che comunque tale dovrebbe essere) ad un continuo controllo dell'autorità stessa, nel quale quest'ultima, maggiormente che all'esterno, dovrebbe impedire il verificarsi di situazioni non conformi alla legge. Non solo l'errore nella somministrazione dei farmaci neuro-deprimenti, quindi, ma anche l'omesso controllo per impedire che C.M. assumesse autonomamente eroina, costituiva quindi violazione del predetto dovere di protezione, per cui lo Stato era responsabile delle lesioni". Una sentenza che colpisce sia per l'ammontare del risarcimento dovuto per le lesioni subite, sia per "aver sancito - affermano i legali - l'esistenza in capo allo struttura carceraria di un preciso obbligo di protezione nei confronti del detenuto; struttura che qualora non impedisca la circolazione al proprio interno di sostanza stupefacente, può essere chiamata a rispondere anche delle lesioni che il detenuto si è autonomamente procurato con l'assunzione dello stupefacente". Arezzo Notizie 14 gennaio 2013 |
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