Ronde e baraonde napoletane Dario Stefano Dell’Aquila Appena un mese fa il capogruppo al Senato del Pdl Maurizio Gasparri lanciava un preoccupante allarme. La Regione Campania con una “una decisione criminogena che irride il lavoro delle forze dell’ordine, i cittadini, i turisti” avrebbe consentito ad “ex carcerati di nuovo liberi di depredare i turisti, e per di più a pagamento”. A scatenare l’ira funesta del senatore Gasparri la notizia di un progetto di formazione, finanziato con risorse regionali, denominato “Esco Dentro”. Il progetto, rivolto a persone che hanno scontato una pena detentiva, prevede come profilo di uscita quello dell’accompagnatore turistico. Muniti di pettorina e cartellino identificativo, i componenti del progetto (420) accolgono e accompagnano i turisti all’arrivo nella zona portuale. Qualche giornale, non privo di fantasia ma sicuramente di stile, ha definito questi gruppi come ronde di delinquenti cui il centrosinistra ha affidato la città. A bilanciare l’indignazione il Cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, che aveva invece plaudito all’iniziativa e ha chiesto uno sforzo maggiore per le politiche di reinserimento per persone ex detenute. A sostenere il Cardinale solo qualche esponente del mondo del volontariato.
La polemica sembrava sopita, ma qualche giorno fa il senatore Gasparri è tornato a gridare alla vergogna. E’ accaduto infatti che uno delle persone partecipanti è rientrato in carcere per un residuo di una condanna del 1993. Nessun reato commesso, dunque durante il progetto. Ma è bastato perché il senatore dichiarasse che questa è “l’estrema prova che non e' solo la sanità che va commissariata, ma tutta la regione” e che “meriterebbero di tornare in carcere non solo loro, ma anche tutti coloro che hanno avallato questa scelleratezza e si sono resi complici di una frode” (sic). A questo nuovo valzer di accuse non si sono levate voci in difesa dei diritti Che dire? Si può archiviare tutto questo come il frutto di una innocua polemica estiva? Forse no, considerato anche la difficoltà anche in larga parte del centrosinistra di affrontare questi temi senza essere vittime di un ingiustificato allarmismo mediatico. E allora si potrebbe dire, senza entrare nel merito di questo specifico progetto formativo, che non è comprensibile in virtù di quale principio chi ha scontato una pena non possa partecipare a corsi di formazione o avere nuove occasioni di reinserimento sociale. Anzi. La legge regionale sul welfare, votata all’unanimità da tutte le forze politiche del consiglio regionale della Campania, la n. 11/2007, recita specificamente (articolo 34) che la Regione, in accordo con il Ministero della giustizia (…) promuove la «realizzazione di politiche tese al reinserimento sociale e lavorativo di detenuti ed ex detenuti». Cero, in una regione dove il tasso di disoccupazione è fra i più alti di Europa è più facile accendere guerre tra poveri che confrontarsi in modo anche aspro, ma intellettualmente onesto, sulla efficacia delle politiche di inclusione. Non preoccupa tanto il senatore Gasparri, che si fa interprete di quel sentimento diffuso nell’opinione pubblica stanca e disattenta che non cerca giustizia ma che invoca ogni giorno galera. Preoccupa l’afasia di gruppi dirigenti, intellettuali, associazionismo, incapaci di opporre anche semplicemente argomenti di buon senso. Preoccupa che nessuno spieghi che una volta scontata la propria pena ogni persona ha il diritto di tornare vivere senza stigmi o indelebili marchi di infamia. Che è compito delle istituzioni promuovere politiche di inserimento lavorativo e sociale di fasce deboli o svantaggiate. E invece silenzio. Nel mentre le carceri in Campania sono affollate, come nel resto d’Italia, sino all’inverosimile. Circa 7.500 detenuti per una capienza di 5.362 posti. Poggioreale è uno dei carceri più affollati d’ Europa, con 2.500 detenuti per 1.200 posti. In diversi padiglioni del carcere le celle ospitano anche 11 persone contemporaneamente e non hanno la doccia. Centinaia di persone ammassate, stipate, in un infernale caldo estivo, con il cemento delle aree di passeggio reso incandescente dal sole. Con le difficoltà economiche della sanità che rendono difficili non le cure in carcere, ma anche i semplici accertamenti medici come una radiografia. Condizioni inumane che rendono inumano anche il lavoro di tutti quelli che nelle carceri ogni giorno operano. Ma al senatore Gasparri tutto ciò non interessa, basta gridare “in galera”, di giustizia parleremo un’altra volta. Perché, ormai lo sappiamo tutti, giustizia e carcere sono parole che diventano ogni giorno sempre più inconciliabili. |
- Pubblichiamo il racconto di Antonio Argentieri, apparso sul sito www.terramara.it, in cui denuncia un pestaggio subito da alcuni agenti del carcere di Arezzo nel 2004
- Pubblichiamo una serie di lettere inviate da detenuti a Radio carcere, trasmissione settimanale a cura di Riccardo Arena, su Radio Radicale
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