ti faccio una domanda molto seria: in carcere, come quasi tutti i detenuti, dedico molto tempo e molta attenzione alla cura del mio corpo. Ginnastica, alimentazione e movimento. Ma, in un carcere come il nostro, dove le possibilità di trattamento e di attività sono pochissime, molto tempo, noi detenuti, lo dedichiamo a cucinare. Da quando, poi, qui sono arrivati detenuti stranieri, le varietà gastronomiche sono aumentate. Insomma, ci ammazziamo di cibo. Secondo te, cara Fulvia, devo continuare a conservare un buon tono muscolare e buoni addominali, oppure è meglio che mi goda uno dei pochi piaceri che qui restano: abbuffarci come porci?
Caro Elleemme, il cibo, come saprai, è un piacere anche per noialtri che stiamo fuori, no? Perché il cibo, meglio se in eccesso, è compensazione, serve a gratificare, a far sognare, a sostituire perfino l’eros, il sesso come racconta un celebre film di Marco Ferreri, “La grande abbuffata”; non te la faccio troppo lunga, ma tu mi stai parlando di uno dei malesseri principali dei paesi ricchi del “primo mondo”, ovvero della sovralimentazione che può provocare obesità, tutte cose che fanno male al cuore, nel senso di organo cardiaco. (Non so se, invece, fanno bene al cuore inteso nell’altro senso…Forse sì). Figuriamoci poi lì dentro, dove sei tu. Immaginando che in cella non possiate incontrare un dietologo, possibilmente non lestofante, visto che ne ce sono parecchi, ti rispondo consegnandoti il più equilibrato dei suggerimenti: poco sale e moderazione con i farinacei, la pasta, e perfino con le salse ottime per coprire ogni sapore vago; quanto invece alla voglia di sperimentare nuovi piatti, perché no? Chissà che proprio dalle patrie galere non giungano nuovi Artusi, nuovi maestri dell’arte culinaria, o magari semplici chef, capaci di cancellare il ricordo di Gianfranco Vissani e dello stesso Gualtiero Marchesi. Fammi sapere, ci ritroviamo ai fornelli, anzi, al fornelletto. |

- Pubblichiamo il racconto di Antonio Argentieri, apparso sul sito www.terramara.it, in cui denuncia un pestaggio subito da alcuni agenti del carcere di Arezzo nel 2004
- Pubblichiamo una serie di lettere inviate da detenuti a Radio carcere, trasmissione settimanale a cura di Riccardo Arena, su Radio Radicale
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