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Tre suicidi in una settimana

 

Cagliari, 4 dicembre 2011

Monia Bellafiore, 42 anni, si suicida nel carcere di “Buoncammino”. La donna, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe impiccata con un lembo di stoffa nel bagno della cella che condivideva con altre 5 detenute. Sono state proprio loro a dare l’allarme ma per Monia non c’era più niente da fare. Il decesso risalirebbe alle 6.50 ed è stato certificato dal medico del carcere.

Monia Bellafiore aveva 42 anni ed era in carcere, assieme al marito Giuseppe Oliva, di 39, dal 4 novembre scorso. Omicidio premeditato pluriaggravato: questa l’accusa contestata alla coppia. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero ucciso la madre della Bellafiore, Maria Irene Sanna, di 64 anni, ex infermiera e badante, nell’abitazione di Assemini dove vivevano tutti e tre.

Conosciuti entrambi come tossicodipendenti, Bellafiore e Oliva avrebbero commesso il delitto al termine di un violento litigio per questioni di soldi e droga. Dopo l’arresto, i due non hanno mai parlato con gli inquirenti: si sono sempre avvalsi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori a cui sono stati sottoposti. Ma attraverso i loro legali avevano fatto sapere di essere innocenti. La difesa aveva anche presentato istanza di scarcerazione, respinta però dai giudici del Tribunale del riesame.



Trieste, 2 dicembre 2011

Michele Misculin, 33 anni, muore durante la notte nel carcere “Coroneo”. A trovarlo privo di vita, riverso sulla branda più alta del letto a castello, sono stati i suoi compagni di cella. Secondo le prime ipotesi le cause della morte potrebbero essere riconducibili a un’overdose di farmaci antidolorifici.

Misculin, tossicodipendente, era sottoposto a terapia con il metadone. Ma stando alle prime ricostruzioni degli investigatori, gli sarebbe stato fatale il sovradosaggio di pastiglie antidolorifiche. È emerso che l’uomo, dichiarando di soffrire di vari dolori, si faceva regolarmente consegnare i relativi farmaci dal dottore dell’infermeria.

Il giovane era finito in carcere il 3 giugno scorso. I poliziotti della Mobile lo avevano raggiunto nella casa dove abitava con i genitori, in via San Pasquale 131. In quella stessa abitazione, nel febbraio del 2008, aveva accoltellato il padre Gianfranco, 71 anni, con due fendenti a una coscia: all’origine dell’aggressione c’era stato il rifiuto del genitore di dargli i soldi per la droga.





Pavia, 26 novembre 2011

Gaye Seydina, 37 anni, detenuto nel carcere di “Torre del Gallo”, si sente male. In compagno di cella lancia l’allarme, l’uomo viene soccorso e trasferito d’urgenza all’ospedale, dove muore senza riprendere conoscenza. La procura di Pavia apre un’inchiesta e dispone l’autopsia: per accertare le cause del decesso - visto che il 37enne non aveva mai manifestato problemi particolari di salute - e per verificare la tempestività dei soccorsi.

Gaye Seydina, originario del Senegal, da 13 anni risiedeva in provincia di Varese. Era laureato e padre di una bambina, ma anche affetto da problemi psichici per i quali era stato prima ricoverato in una Comunità residenziale di Saronno e in seguito affidato ad una famiglia di Tradate.

Lo scorso 6 settembre, dopo una lite con la famiglia affidataria, Gaye brucia il citofono del condominio dove era ospitato e danneggia due auto parcheggiate nelle vicinanze. Sul posto arrivano i Carabinieri e lo portano in caserma. Rilasciato con una denuncia, torna nel quartiere dove viveva e dopo aver danneggiato altre due autovetture si spoglia, attirando l’attenzione dei passanti. Arrivano nuovamente i Carabinieri, coi quali inizia una lite arrivata alle mani. L’uomo è quindi arrestato con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti e violenza privata. Viene condotto al carcere di Busto Arsizio e da qui trasferito in quello di Pavia, dove muore dopo 80 giorni in cella, per cause ancora da accertare.

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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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