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Questa banalità del male fatta di tante piccole mancanze


Il 30 aprile, nel Laboratorio di scrittura di Rebibbia, abbiamo letto e commentato un articolo de La Repubblica sul processo al gruppo di ragazzi della banlieu parigina che nel gennaio del 2006 sequestrò per 24 giorni, seviziò e infine uccise il giovane ebreo Halimi.ù
LS

Le Monde: ecco le ragazze-esca Così fecero rapire il giovane ebreo

PARIGI - Più di 30 persone erano a conoscenza del sequestro di Ilan Halimi, il ventitreenne rapito e torturato a morte dalla banda della banlieue a Parigi. «Erano le ragazze amorali della gang dei barbari», ha scritto ieri Le Monde, che ha rivelato che il giovane ebreo fu preso grazie a una ragazza-esca disposta a tutto pur di guadagnare. Lei, insieme ad altre donne, erano al servizio di Youssouf Fofana, il capo della banda che voleva rapire un ebreo «perché è ricco e perché la comunità è unita e pronta a pagare». Le Monde, basandosi sugli interrogatori della polizia, ha raccontato ieri come le ragazze venivano reclutate. A procacciare le "esche" era una ragazza, Tifenn, amica del «capo dei barbari». Le ragazze-esca, una trentina, sapevano dell' omicidio di Ilan ma hanno taciuto. «Sono senza scrupoli - scritto il giornale - qualche decina di euro per comprarsi un paio di scarpe bastano a convincerle per farsi reclutare da Fofana». Per un rapimento chiedono di più, due-tremila euro. A fare da esca per Ilan fu Yalda, una ragazza vittima di uno stupro a 13 anni. Yalda fissò un appuntamento al giovane, proponendogli una notte d' amore in un appartamento. Il ragazzo ebreo si lasciò accompagnare in una zona isolata, dove la banda lo rapì. Yalda non ha avuto nessun rimorso. Di quel giorno la ragazza ricorda la notte d' amore trascorsa con Christian, uno della gang. Proprio mentre Ilan veniva torturato e ucciso.
La Repubblica 28.03.2006




Come le stragi naziste lasciano senza parole di fronte all’inspiegabilità di quello che è successo, anche questo episodio del sequestro del ragazzo ebreo, tenuto in ostaggio per 24 giorni da un gruppo di 27 giovani, poi seviziato e ucciso, ripropone la stessa sconcertante domanda: qual è la strada che porta al male? Come può una, dieci o un milione di persone decidere volontariamente di sopprimere la vita di altre persone?
Questo episodio, in particolare, mi angoscia per le modalità con le quali ha avuto luogo: è successo nella periferia parigina, cioè in una nazione storicamente evoluta, una nazione che da decenni ha scelto la strada dell’integrazione, abituata ad accettare culture  e religioni diverse; ha coinvolto direttamente un gruppo di 27 persone e, indirettamente, tutto il quartiere in cui è avvenuto; aveva motivazioni superficiali. Queste modalità, non troppo dissimili da altri episodi di violenza di gruppo avvenuti in altre città, mi convincono che questa “banalità del male” è presente ormai dappertutto.
Quello che mi spaventa è che tutto ciò è il frutto di un vuoto educativo di valori e riferimenti che dura da tanti anni se è riuscito a creare dentro di noi questa insensibilità, questo cinismo, e mi spaventa anche la consapevolezza che pure io ho contribuito con grandi e piccoli gesti a questo vuoto. Un terreno così sterile da far crescere dei ragazzi così è la conseguenza di tante piccole mancanze, da parte di tante persone che hanno creato delle lacune sulla strada dell’evoluzione. Gradualmente, in modo impercettibile, queste lacune sono state riempite di messaggi insignificanti, di bisogni non reali, di obiettivi senza valore che hanno plasmato generazioni di esseri umani, che dietro una facciata ben presentabile nascondono il niente più totale, l’indifferenza verso le cose e le persone, la paura di pensare fuori dal coro.
Sembra che l’uomo, uscito dalle caverne, abbia provato a ragionare in modo indipendente e che i risultati lo abbiano spaventato al punto di farlo ritornare indietro nella protezione della grotta.

Federico Abati


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