Quando Abele si prende cura di Caino
l'Unità 19 dicembre 2009Valentina Brinis Valentina Calderone Padova, carcere Due Palazzi, seconda giornata del IV Congresso di Nessuno tocchi Caino. Da tempo, in questo carcere, Ristretti Orizzonti (essenziale strumento di informazione sul sistema penitenziario) promuove incontri tra “vittime e carnefici”. Ovvero incentiva la comunicazione tra autori di reati e persone che ne hanno subito le conseguenze sul proprio corpo o negli affetti. Incontri che alludono a quello che è il più alto esercizio di amministrazione della giustizia: ricomporre la lacerazione che il delitto ha prodotto nel corpo sociale, consentendo al reo di misurare la propria colpa considerando in profondità il danno inflitto; e consentendo alla vittima di elaborare la propria sofferenza, al di là del “risarcimento” costituito dalla pena inflitta al colpevole, facendosi una ragione della ragione (per quanto folle essa sia) di chi l'ha danneggiata. Si tratta di un esercizio delicatissimo e pieno di insidie, che va attuato con saggezza. Ai detenuti di quel carcere è capitato di parlare del proprio passato criminale davanti a una studentessa che raccontava il proprio terrore a causa di un furto subito e davanti a un'insegnante cui era accaduto di trovarsi sequestrata durante una rapina. E hanno descritto la sofferenza che quegli incontri hanno comportato, ma anche il ruolo “curativo” che hanno svolto. Sono state proprio quelle testimonianze il momento più intenso del congresso: anche perché, a rinnovare la forza di quello scambio, c'erano Sabina Rossa e Olga D'Antona. Con ciò è come se Nessuno tocchi Caino abbia non solo riaffermato la propria tradizionale missione, ma anche indicato il suo possibile sviluppo: come ha detto Don Sandro Spriano contribuire a che lo stesso “Abele”, quando e come lo vorrà, tuteli “Caino”. Non c'è nulla di retorico in questo: la ricomposizione della lacerazione prodotta dal reato e la capacità di disinnescare la spirale della vendetta è una esigenza primaria dei sistemi democratici. In assenza di questo prevale fatalmente un'idea esclusivamente punitiva della pena che agirà, è inevitabile, contro l'intero sistema delle relazioni sociali, lasciando sanguinanti le ferite e rendendo più fragile il legame di cittadinanza. Come si vede è una sfida enorme quella che attende Nessuno tocchi Caino, ma questo congresso ha dimostrato che è in grado di affrontarla. Infine. Un congresso tenuto all'interno di un carcere a cui partecipano liberi e reclusi consente ai primi un'esperienza assai rara, di forte impatto emotivo, che certamente determinerà nuova attenzione verso quella istituzione: e la consapevolezza che anche loro, come noi, appartengo alla medesima società. |
- Pubblichiamo il racconto di Antonio Argentieri, apparso sul sito www.terramara.it, in cui denuncia un pestaggio subito da alcuni agenti del carcere di Arezzo nel 2004
- Pubblichiamo una serie di lettere inviate da detenuti a Radio carcere, trasmissione settimanale a cura di Riccardo Arena, su Radio Radicale
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