Dentro e fuori - Cella 211
Valentina Brinis Cella 211 (Celda 211 è il titolo originale), già vincitore di otto premi Goya - tra cui miglior regia, miglior film e miglior attore (Luis Todar) - è un film di Daniel Monzón, regista esordiente nel 2001 con “El corazon del guerriero” e uscirà nelle sale italiane venerdì 16 aprile. Si ricorda inoltre che la trama è tratta dall’omonimo romanzo di Francisco Pérez Gandul (pubblicato in Italia da Marsilio Editori). Il giovane Juan Olivier, al suo primo incarico come agente di polizia penitenziaria in un carcere di massima sicurezza, si presenta al lavoro con un giorno d’anticipo sul primo turno di guardia. Durante la visita al braccio che ospita i detenuti considerati più pericolosi, viene colpito in testa da un pezzo di intonaco. Nel tentativo di rianimarlo i colleghi lo fanno stendere sulla brandina di una cella libera, la 211. In quel momento, nello stesso braccio inizia una rivolta capeggiata da uno dei detenuti più carismatici: Malamadre. Così l’inesperto Juan si improvvisa galeotto per riuscire a sopravvivere a quella situazione e rivedere la moglie al sesto mese di gravidanza. Il film narra in modo preciso la realtà carceraria, i giochi di ruolo e le dinamiche di relazione che la connotano, le precarie condizioni in cui vivono i detenuti e i sentimenti di rabbia, angoscia e solitudine che essi provano. Grazie alla tecnica di osservazione partecipante adottata dalla regia per scrivere la sceneggiatura, e ai continui colloqui con i carcerati, con le loro famiglie, con gli agenti di polizia penitenziaria, con gli educatori e con tutte le figure in contatto con il sistema penitenziario, il film riesce ad essere molto coinvolgente. Proprio il lavoro di ricerca e di analisi sul campo trasmette l’idea di come il carcere rispecchi la realtà sociale esterna e come da essa non si estranei. Nel carcere si ritrovano infatti i medesimi meccanismi di potere, un’identica struttura dei rapporti di amicizia, e la stessa comune fragilità dell’essere umano. Questo è il dato di fatto che emerge dall’epilogo avvincente, emozionante e a tratti epico di Cella 211, in cui viene descritto molto bene il meccanismo per cui decisioni prese all’esterno hanno conseguenze all’interno. Ed è proprio una di queste circostanze ad essere rappresentata dal regista in maniera a dir poco magistrale al fine di demolire i caratteri rigidi dei personaggi, che, sia perché trasportati dagli eventi, sia come attori artefici della propria sopravvivenza, cambiano continuamente ruolo. Lo spettatore di fronte a tutto ciò rimane affascinato e, trovandosi straniato, sente vicini a sè, durante la messa in scena, più caratteri. Ristretti Orizzonti 21.04.2010
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