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Basta il gesto

di Carmelo Cantone, direttore di Rebibbia Nuovo Complesso   


Cominciamo dal posticipo. Come sempre, o quasi, per essere tifosi dell’Inter bisogna essere dotati di robuste valvole atriali: perde, e meritatamente, prima due a zero, poi tre a uno, alla fine pareggia e Mourinho sentenzia: abbiamo guadagnato un punto.
Quadretto impagabile nel dopopartita: mentre Spalletti commenta il rigore subito, nel vicino spogliatoio interista, dove c’è un televisore, ululano la loro gioia e il buon Luciano si incazza. Da studio non capiscono perché prima Spalletti era tranquillo e poi si è imbufalito.
Il derby siciliano sorprende per l’entità della vittoria del Catania e poi per la prodezza balistica (come dicono i cronisti veri) di Mascara. A prima vista pensavo fosse un colpo fortunato e causale, invece era fortunato e voluto; è venuto fuori una specie di drop rugbistico ancora più spettacolare del rievocato gol di Maradona al Verona negli anni ’80. Immagino domani le scenette nei cortili di passeggio del reparto Alta Sicurezza di Rebibbia, dove una nutrita pattuglia di catanesi vivrà una settimana di gloria.
Un discorso a parte per la solita vergogna dei cosiddetti tifosi, palermitani questa volta, che fanno uscire la squadra dagli spogliatoi dopo tre ore. Ma Zamparini ha detto che i tifosi hanno ragione.
Il fine settimana che si chiude, oltre che per una serie di papere formidabili dei portieri si caratterizza per i gesti graziosi di alcuni giocatori. Chiellini a fine partita va a sfottere i tifosi napoletani che ne avevano bisogno; dopo dichiarerà che era stato un momento di debolezza: troppo tardi Jennifer. Balotelli segna il rigore e tira fuori una lingua grande come una cotoletta verso la curva romanista e infine, Zarate corre verso la curva Nord dell’Olimpico e mostra ai suoi tifosi quel che le telecamere pudiche non fanno vedere ma fanno intuire. Cosa avrà voluto dire con quel gesto?
a) Ho messo due palle in rete.
b) Mi sta stretto lo slip.
c) Grazie al gioco del calcio son guarito da un’orchite cronica.   
Ma per piacere. 

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