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I detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena

www.radiocarcere.com

 

Noi donne detenute a Benevento
Caro Riccardo, siamo delle donne detenute e ti scriviamo per metterti al corrente delle nostre condizioni di vita qui nel carcere di Benevento.
Prima di tutto devi sapere che noi donne detenute siamo costrette a vivere in 6 all’interno di una piccola cella. Una condizione detentiva quindi  i cui disagi si possono ben capire.
Inoltre non veniamo adeguatamente curate. Molte di noi stanno male, ma qui regna la regola per cui soltanto chi ha soldi si può comprare le medicine mentre le altre no.
Gli agenti di polizia penitenziaria non sono certo delle lavoratrici. Infatti ogni volta che le chiamiamo ci rispondono di aspettare un attimo…un attimo che può durare 20 muniti se non di più.
Considera che in carcere queste attese possono costare caro. Ricordiamo il caso di una donna morta per infarto poco fa. Gli agenti si sono accorti che era morta troppo tardi e non hanno potuto fare altro che spostarla dalla branda alla bara.
Insomma viviamo in una costante stato di paura e non sappiamo mai come muoverci perché loro ci fanno sempre sentire in colpa.
Per quanto riguarda l’igiene, sappi che in cella noi donne non abbiamo neanche il bidè e spesso non possiamo neanche farci la doccia perché manca l’acqua calda. Vogliamo solo pagare con dignità i nostri errori, ma ora siamo davvero esasperate.
Grazie per pubblicato la nostra lettera
Stefania, Anna e Laura dal carcere di Benevento

 

Noi malati nel carcere di Opera
Caro Arena,

Ti scrivo, anche a nome dei miei compagni, per farvi sapere quello che succede nel centro clinico del carcere di Opera.
Qui dentro c’è di tutto. Persone senza gambe, altre ormai destinate alla morte, persone paralizzate, chi ha il cuore malato o chi passa le giornate  sul letto e vive nella speranza di ricevere un trapianto. Il fatto è che noi detenuti del centro clinico viviamo in condizioni schifose. Spesso manca l’acqua calda e nelle celle il riscaldamento non c’è. Inoltre le nostre celle sono sporche e manca la benché minima igiene.
Anche i materassi dove dormiamo sono vecchi e sporchi e le lenzuola sono macchiate di sangue o bucate. I medici praticamente ci ripetono a tutti la stessa frase: “la sua situazione è stabile”, ma la verità è che noi veniamo lasciati abbandonati in queste cellette e non ci rimane che aspettare la morte.
I nostri familiari hanno denunciato tutto questo, ma la magistratura di sorveglianza non fa nulla. Vi dico che molti di noi potrebbero ottenere misure alternative o la detenzione domiciliare, ma ogni istanza viene rigettata. Queste sono solo alcuni aspetti del centro clinico del carcere di Opera e ce sarebbero tanti altri da raccontare.
Grazie per aver fatto conoscere anche la nostra voce.
Antonio e 12 detenuti dal centro clinico del carcere Opera di Milano

 

 

A Rebibbia: un agente e una detenuta suicidi


Caro Direttore,

una parola su un fatto di cronaca molto recente.
Morire di carcere, nei nostri istituti di pena puntualmente in corrispondenza dell'estate si verificano casi di suicidio che coinvolgono detenuti. Pochi giorni fa a Rebibbia è stato un giorno tragico: a poche ore di distanza l'uno dall'altro un ispettore si è tolto la vita con la propria pistola d'ordinanza mentre, al Femminile, una giovane slovena di 32 anni, arrestata da pochi giorni, si è impiccata nella propria cella.
Dalle carceri sale un grido di dolore che merita di essere ascoltato...ecco cosa mi scrive, affinché lo renda pubblico, una detenuta di Rebibbia, in relazione al suicidio di questa slovena:
"Una persona quando entra in carcere deve parlare con la psicologa nello stesso giorno che entra. Poi è la psicologa che decide se la detenuta deve stare in isolamento o alla prima accoglienza (che significa: è meno sola e l'impatto col carcere è più facile da sopportare). Questa ragazza ieri sera alle 1:00 di notte si è impiccata ed è morta. Questa cosa è successa, purtroppo, per l'indifferenza di chi dovrebbe seguirci ed ascoltarci. Gli agenti dovrebbero guardarci ogni 10 minuti per vedere se stiamo bene, ma ci sono delle volte che passano solo due volte in tutta la notte e basta, vanno in uno stanzino a piano terra, li sentiamo come ridono e scherzano. Se una di noi suona il campanello loro dovrebbero venire per vedere se tutto va bene, invece aspettano un ora, poi ci risp!
ondono anche male se gli chiediamo di chiamare l'infermiere. A quell'ora non gli importa se uno può morire o se si sente male, loro non ci credono mai!
Noi, le detenute, siamo stanche di sentire come le persone muoiono e non riescono mai ad essere salvate solo perché è troppo tardi".
Solo di fronte a questi episodi,per un istante, si alza il velo sulla situazione di estremo degrado, solitudine e disagio in cui versano migliaia di esseri umani che, seppur rei di qualcosa, hanno diritto ad un trattamento civile e consono ai valori democratici in cui crediamo". Perché le carceri non continuino ad essere autentici gironi infernali dove un umanità sofferente è ammassata senza rispetto, spogliata della dignità personale; perché, in un periodo come quello attuale in cui si fa un gran parlare di sicurezza e giustizia, il dibattito pubblico ed il Legislatore non dimentichi le esigenze di recupero e di vita anche di chi ha sbagliato, bisogna riflettere su questi episodi e farne tesoro perché non succedano più.
Tante, troppe morti inutili che, forse, con un po' più di sensibilità istituzionale possono essere evitate.


www.radiocarcere.com, 7 ottobre 2009

Trani, siamo in 8 detenuti in una cella. Caro Arena, nel carcere di Trani viviamo in una cella grande 5 metri per 4 e dentro ci stiamo in 8 detenuti! Non puoi immaginare le difficoltà che dobbiamo incontrare tutti i giorni anche solo per poterci muovere qui dentro.

Ovvero in piccola cella non solo sovraffollata, ma anche con gravi carenze igieniche e dove siamo costretti a restare chiusi per 22 ore al giorno. Un tempo interminabile che si prolunga a 24 ore se per caso fuori piove. Infatti quando piove il cortile dell’ora d’aria diventa inagibile e noi dobbiamo restare in cella. Considera chi si tratta di un cortile molto piccolo, recintato tipo gabbia per animali, dove non c’è lo spazio per far camminare 46 detenuti.

Pensa che il carcere di Trani potrebbe ospitare al massimo 200 detenuti ma oggi noi siamo più di 280! Inoltre qui di farmaci non ce ne sono, mentre l’unica cosa che abbonda sono i tranquillanti che ci trasformano in zombie. Di misure alternative qui non ce né nemmeno l’ombra e ci siamo convinti che la vera riforma dovrebbe essere proprio quella sulle misure alternative che non vengono applicate. Sappi che noi ti seguiamo sempre e speriamo che il Governo, anche sapendo come viviamo, faccia qualcosa per risolvere il problema del sovraffollamento e delle nostre condizioni di vita.

Antonio e Cosimo, dal carcere di Trani



Rebibbia, la morte di Ivan. Caro Riccardo, siamo dei detenuti nel reparto G 14 del carcere Rebibbia di Roma. Siamo tutti affetti da malattie infettive. Ci troviamo in carcere per scontare una pena, ma allo steso tempio abbiamo bisogno di cure mediche. Purtroppo qui le cose peggiorano sempre più. Le nostre condizioni fisiche sono sempre più gravi e c’è chi tra di noi ci lascia la pelle.

Ivan, ad esempio, è l’ennesimo cadavere istituzionalizzato. Ivan fino a poco tempo fa era detenuto con noi, soffriva molto, aveva sempre la febbre altissima e il suo sistema immunitario non funzionava. Insomma Ivan meritava una detenzione domiciliare per poter almeno morire dignitosamente tra i suoi cari. Ed invece Ivan è stato semplicemente trasferito nel carcere di Regina Coeli, dove è morto dopo una lunga a atroce sofferenza. Ora Ivan giace da 8 giorni in una cella frigorifera in attesa che qualcuno lo sotterri.

Noi siamo amareggiati per quanto è accaduto. Amareggiati per quanto è stato ingiusto il trattamento subito da Ivan e per come veniamo trattati anche noi, detenuti nel reparto di malattie infettive del carcere Rebibbia di Roma. Vorremo infatti che la magistratura di sorveglianza applicasse le leggi e consentisse a chi è incompatibile con il carcere di ottenere una detenzione domiciliare o in ospedale.


15 persone detenute nel carcere Rebibbia di Roma

 

UDINE: UN SUICIDIO ANNUNCIATO

Caro Arena, anche a Udine c’è il sovraffollamento, pensi che il carcere è fatto per ospitare 150 detenuti mentre noi siamo circa 260. Questo significa che in una piccola cella noi siamo in 4 detenuti. Ma c’è anche altro. Deve infatti sapere che un nostro compagno che si chiama Lamberto soffre di una grave forma di depressione. Per la depressione, Lamberto è spesso colto da crisi di panico. Oppure altre volte sfoga la sua angoscia facendosi del male da solo, tagliandosi le braccia. Ma la cosa che ci preoccupa di più è che Lamberto manifesta ogni giorno intenti suicidi.
E’ brutto vedere una persona malata di depressione dentro una cella e per di più non curato. Qui infatti nessun medico fa nulla per la malattia di Lamberto e lui peggiora sempre di più.
L’unica medicina che gli danno sono le gocce. Ovvero i tranquillanti che sono usatissimi in carcere.
Noi facciamo di tutto per aiutare il nostro compagno di cella, ma la verità è che dovrebbe intervenire la magistratura di sorveglianza per mettere Lamberto in un luogo dove possa essere curato.
Io tra pochi mesi uscirò da questo inferno. Un inferno fatto di sbarre, cemento e indifferenza dove l’unica nostra voce è quella di Radiocarcere!
Andrea dal carcere di Udine

L’UCCIARDONE: CIECO PER UNA PENA
Cara Radiocarcere, ti scrivo da una cella di pochi metri quadri. Cella che condivido con altre 7 persone. Il nostro bagno è rotto e al posto del sifone abbiamo dovuto mettere un secchio, ma capita spesso che la mattina ci svegliamo e troviamo la cella invasa dai liquami. Abbiamo più volte chiesto alla direzione di risolvere il problema, ma nessuno ci ha risposto.
La verità è che noi detenuti dell’Ucciardone viviamo in un letamaio puzzolente e siamo costretti a soffrire un caldo soffocante.
Come se non bastasse uno di noi è gravemente malato di diabete e non è adeguatamente curato. La glicemia non gli viene controllata con regolarità e il risultato è che questo nostro compagno sta diventando completamente cieco. Cieco in carcere perché qui non hanno strumenti per misurare la glicemia. Ti rendi conto?
Qui la disperazione è tanta, non a caso negli ultimi giorni qui già due detenuti si sono impiccati, ma nessuno ha scritto nulla sui giornali.
La cosa che ci preoccupa di più è il disinteresse della politica alla tragedia che si sta consumando nelle carceri italiane e noi speriamo che i Radicali si impegnino ancora una volta per far approvare un’amnistia per alcuni reati.
Grazie per avermi ascoltato
Pietro dal carcere l’Ucciardone di Palermo





NOI DONNE DETENUTE A S.M. CAPUA VETERE
Cara Radiocarcere, siamo delle detenute ristrette nel lagher di S.M. Capua Vetere. Diciamo lagher a causa delle condizioni di vita a cui siamo costrette. Infatti dentro ogni cella siamo costrette a viverci in 10 donne, con un solo bagnetto. Passiamo circa 20 ore chiuse in questa cella.
Come se non bastasse il vitto che ci danno è a dir poco cattivo e i materassi dove dormiamo sono ridotti ai minimi termini. Il rispetto per la nostra salute qui non esiste. Per citare solo un esempio tre mesi fa una nostra compagna è andata dal medico perchè soffriva dei fortissimi dolori ai reni. Il medico, senza neanche visitarla, le ha detto che doveva camminare al sole. Bè dopo tre mesi di sofferenze alla fine l’hanno visitata e hanno scoperto che aveva i calcoli ai reni. E questo è solo un esempio. Inoltre gli educatori, che devono farci la relazione comportamentale, non si occupano di noi con il risultato che il Tribunale di Sorveglianza non può decidere se concederci o meno misure alternative. Vi sembra normale? Ah! Dimenticavamo La battitura delle sbarre! Tre volte al giorno alcuni agenti entrano in cella e battono contro le sbarre per vedere che siano sane, che se continuano così fa a finire che le buttano giù loro stessi le sbarre.
Grazie per averci dato voce
Le donne detenute nel carcere di S.M. Capua Vetere


TRE NOTIZIE DAL CARCERE DI FOSSOMBRONE
Caro Arena le racconto tre episodi che sono accaduti qui nel carcere di Fossombrone.
Il primo: un detenuto per mancanza di spazio nelle celle, è stato messo in una stanzetta senza servizi igienici. Bè deve sapere che dopo alcuni giorni quel detenuto ha cercato di uccidersi e ora non sappiamo che fine abbia fatto.
Ed ancora. L’altro giorno mentre facevamo l’ora d’aria un nostro compagno ha perso i sensi, noi abbiamo chiesto aiuto e, dopo mezz’ora, è arrivato un infermiere che ci ha detto di portare in spalla il nostro compagno perché la barella non entrava nella porta del cortile. Quel ragazzo si è ripreso, ma noi ci siamo chiesti: se era un infarto cosa poteva accadere?
Il terzo è forse il più grave episodio accaduto qui. Un detenuto tunisino è stato malmenato nella sua cella perché aveva infastidito l’agente di turno con l’insistente richiesta di poter parlare con il comandante. Le dico che dopo tre giorni gli imbianchini stanno ancora rimuovendo le tracce di sangue lasciate sulle parti. Pare che l’agente abbia colpito più volte quel detenuto con il martello usato per la battitura delle sbarre. Qui nel carcere di Fossombrone alcuni dicono che quel ragazzo è in ospedale, altri dicono che sia morto.
Magari attraverso Radiocarcere potremo riuscire ad avere notizie.
La saluto con grande stima
Angelo dal carcere di Fossombrone


CI APPELLIAMO AL PRESIDENTE NAPILITANO
Siamo un gruppo di detenuti del carcere di Frosinone e siamo costretti a vivere in 5 detenuti dentro celle piccolissime. Celle in cui rimaniamo chiusi per più di 20 ore al giorno.
Il carcere ci lascia nel più completo abbandono, ci chiudono in queste celle fatiscenti e nessuno si cura nel modo in cui siamo costretti a vivere.
Anche quando ci dobbiamo fare la doccia è un dramma. Infatti qui nel carcere di Frosinone ci sono solo 3 docce che devono essere utilizzate da 50 detenuti. Per il resto, viviamo nella sporcizia, siamo invasi dai topi e ogni giorno siamo anche condannati alla puzza che c’è qui.
Per i detenuti che sono malati poi è davvero un’odissea farsi curare.
Infatti mancano le medicine e molti di noi soffrono e non vengono curati.
Manca anche il personale, pensate che in tutto il carcere di Frosinone c’è un solo educatore. Non abbiamo possibilità di lavorare, né di imparare il lavoro. Vorremo rivolgere un appello al Presidente Napolitano, affinchè solleciti questo governo ad adottare soluzioni rapide ed efficienti per risolvere la grave situazione in cui versano le carceri italiane.
Aggiungiamo che noi detenuti siamo consapevoli che dobbiamo scontare la nostra pena, ma chiediamo solo di scontarla in modo umano e dignitoso così come prevede la Costituzione.
40 persone detenute nel carcere di Frosinone

L’INFERNO DEL CARCERE DI RAGUSA
Carissimo Arena, qui nel carcere di Ragusa si sta davvero malissimo. Siamo più di 320 detenuti quando dovremo essere solo 150.
Pensa che con il caldo che fa manca addirittura l’acqua. Infatti per 2 volte al giorno e per parecchie ore l’acqua non esce dal rubinetto. Inoltre le pareti della nostra cella sono piene di umidità, le docce non funzionano da circa 4 mesi e sono ricoperte dal muschio. Viviamo in una cella tanto piccola che viene chiamata: cubicolo e dentro ci stiamo in 3. Praticamente è una celletta larga 2 metri e lunga 3.
Dormiamo su un letto a castello a 3 piani e il bagno non è separato dalla cella, tanto che noi ci abbiamo messo un lenzuolo per avere un po’ di privacy quando facciamo i bisogni.
Poi c’è una piccolissima finestra e fuori una bocca di lupo a fare da copertura. Alla finestra, oltre che alle sbarre, c’è anche una fitta rete metallica e noi non riusciamo a vedere il cielo né di giorno né di notte.
Vorremo tanto che qualcuno delle personalità di alto livello che si occupano di queste cose facesse qualcosa per noi, perché non è giusto farci vivere così.
Come se non bastasse noi siamo di Napoli e a causa della distanza non possiamo incontrare i nostri familiari.
Ora concludiamo portandoti i saluti di tutti i detenuti del carcere di Ragusa e forza Radiocarcere!
Eduardo e Luigi dal carcere di Ragusa
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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


Relizzazione tecnica: Emiliano Nieri
Progetto grafico: Enrico Calcagno, Daniele Funaro - AC&P - Aurelio Candido e Partners
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