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Nicolò Amato e il carcere possibile

 

 

di Patrizio Gonnella

Nicolò Amato era molto amato in quei luoghi che oggi si chiamano Dap. Si dice che lo fosse anche dalle donne del Dap. Allora il Dap si chiamava Direzione generale degli Istituti di Prevenzione e Pena. All’età di cinquant’anni ne divenne il capo, indiscusso. Era il 1983 (Bettino Craxi era Presidente del Consiglio). Amato prima aveva fatto il magistrato alla Procura della Repubblica di Roma: portò avanti le inchieste sui Nuclei armati proletari, su Mehmet Alì Agca per l'attentato a Giovanni Paolo II e sulle Brigate Rosse per il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro. Nei suoi anni all’amministrazione penitenziaria parlava di carcere della speranza e fu, a suo modo, un vero innovatore. Per certi versi, un autentico e coraggioso riformatore. Scrisse un libro che si studiava nelle università: “Diritto, delitto, carcere”. Così Miriam Mafai titolava un suo articolo del 17 marzo 1988: “Il sogno di Nicolò Amato: carcere solo per pochi e tante pene alternative.” Scriveva la Mafai: “Insomma nei nostri ministeri lavorano uomini come Di Palma, direttore generale del ministero dei Lavori pubblici, oggi latitante, e uomini come Nicolò Amato, direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena. Una contraddizione non da poco che ieri qualcuno ha rilevato maliziosamente, nel corso della affollata assemblea di uomini politici, giornalisti, alti funzionari, che si era riunita per discutere dell' ultimo libro di Amato con il quale si sostiene appunto con ricchezza di argomentazione giuridica e umana passione civile la necessità (non l' utopia) di un carcere comminato solo per pochissimi gravi reati e comunque, anche in questo caso, trasformato e reso più umano e civile… Nicolò Amato, che per tanti anni ha ricoperto il ruolo di pubblico ministero a Roma, non mi sembra mosso da sentimenti di questo tipo, ma anzi da una rigorosa concezione della giustizia e del suo ruolo. Nella sua carriera, egli ha chiesto più di un ergastolo. E' ben vero, come spesso si dice, che tutti i giudici dovrebbero sapere cos' è il carcere prima di condannare qualcuno ad entrarvi. Ma non mi sembra lecito pensare che, nel sostenere le ragioni di questa grande riforma penale e penitenziaria, Amato sia mosso solo dalla conoscenza più ravvicinata del carcere che gli deriva dal suo attuale ruolo. C'è invece, nella sua richiesta di abolire il vecchio carcere e d'inventarne uno nuovo basato sulle regole del diritto, una concezione alta della giustizia che, come diceva ieri lo stesso Amato a conclusione del dibattito, sembra madre di due figli, uno legittimo: il processo, e uno illegittimo: il carcere. Del primo già orgogliosa, del secondo si vergogna un po’ . Sul primo accende i riflettori, sul secondo fa scendere il silenzio. Ecco Nicolò Amato, prima giudice e pubblico ministero e oggi direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena, vuole rompere questo silenzio, accendere i riflettori anche su questa zona buia della società, perché anche il carcere, quando necessario e nei modi in cui sia necessario, appaia a pieno titolo figlio legittimo della giustizia.” Poi scoppiò Tangentopoli. Craxi fu travolto. Nicolò Amato fu sostituito da alcuni personaggi minori. Promoveatur ut amoveatur. Fu mandato a Strasburgo a far parte del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Si offese e indignò così tanto che non partecipò neanche a una seduta del Comitato né fece una visita ispettiva. Iniziò a fare l’avvocato, sempre amico fedele dei socialisti. “Roma, il PSI scende in campo capolista sarà Nicolò Amato”. Così titolava il Corriere della Sera nel settembre del 1993. Il 12 febbraio del 1994 accompagna Craxi in Procura a presentare i dossier su Occhetto e D’Alema. Due mesi dopo, alle elezioni politiche, vince Silvio Berlusconi. Tra il 1994 e il 1998 diventa il difensore di Giuseppe Madonia. Il 7 maggio del 1998 aderisce ad Alleanza Nazionale: “Le risposte programmatiche di An ai problemi del Paese mi sembrano le più moderne ed efficaci”. Qualcuno dice che poi sia anche passato dalle parti dell’Udeur, ma non sono in grado di confermare la notizia. La storia di Amato è così riassumibile: dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io.

 

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