Legislazione immatura |
Legislazione immatura
Marga Esposito
Rodolfo Bisatti, triestino, autore di documentari e medio-metraggi, (“Case” 1977 e l’ apprezzato “Il giorno del falco” presentato alla Mostra di Venezia 2003) con la “Donna e il drago” propone un singolare e coraggioso film che affronta il problema del carcere e della genitorialità negata, sia pure da un punto di vista molto più complesso, quello della separazione.
Si tratta della storia di una donna condannata a sei anni di detenzione, madre di una bambina di un anno e sei mesi.
Il dilemma che si presenta è: portarla con sé in carcere o darla in affidamento; e su quest’ultima “non soluzione”, cadrà la scelta.
Il filo narrativo si snoda attraverso le sedute psicoterapeutiche della bambina ormai divenuta ragazza, adottata, minata da un malessere interiore: quello della separazione subita ed obbligata -senza appello- di cui, più o meno coscientemente, ha memoria.
Le riprese, l’intensità espressiva, la colonna sonora, rendono al film una bellezza realistica e poetica insieme, al punto di creare un’articolazione di dubbi, conflitti, lacerazioni tanto complessa quanto emozionante.
Il tema , è quello della brutalità lacerante della “separazione imposta”, ben espresso e convertito in quello dell’abbandono citato dal poeta Osip Mandel’stam secondo la “scienza degli addii”; nello specifico però, il dramma umano si traduce in quello civile e offre uno squarcio di profonda riflessione sulla legge di recente modificata, sulle“detenute madri”.
In realtà si tratta di una legge che regola la possibilità per un genitore solo, in primo luogo per l donne, di non essere separato dal proprio figlio , senza fargli necessariamente vivere i devastanti spazi e/o distacchi della reclusione. La legge, già carente di vere risoluzioni per questi bambini-vittime, privilegia le madri per il fatto che ora esistono solo nidi in sezioni femminili ( benché il problema della collocazione di padri sembra si sia già presentato nell’ICAM di Milano).
Forse la legge andrebbe formulata avendo come destinatari i genitori, aldilà del sesso; dovrebbe contemplare soluzioni innovative e coinvolgere più articolazioni sociali. Ma Bisatti non sembra porsi questo problema , anzi il compiaciuto, incalzante incedere e sostare del film sulla sacralità del ruolo di Madre-Madonna ( molte le citazioni in tal senso) e del legame di sangue, lascia trapelare sfiducia nei confronti di soluzioni diverse, come quella dell’affidamento a famiglie estranee alla sfera dei consanguinei, ma non per questo meno in grado di assolvere a funzioni genitoriali.
La Trieste che fa da sfondo a “ La donna e il drago” (miglior film Rivelazione alla sesta edizione di Il Cinema Italiano-festival di Como) evoca un languore decadente ,un tempo dilatato, un futuro indefinito , l’ angosciante confine tra separazione e ignoto.
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