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Il buio di Latina

di Luigi Nieri

Quando si arriva presso la casa circondariale di Latina si ha subito l’impressione di imbattersi in un luogo di detenzione diverso dagli altri.  Qui quando un consigliere regionale si presenta per una ispezione di routine viene accolto con sguardi di stupore e con quell’impreparazione tipica di chi prima non ha mai svolto simili mansioni. In pochi hanno visitato questa struttura – ci ha raccontato il comandante di reparto – quasi sempre lo hanno fatto in prossimità di importanti tornate elettorali.   Ultimamente capita di rado che politici e amministratori facciano capolino da queste parti. Sono 10 anni che visito carceri, specialmente quelle di Roma e del Lazio. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Oggi dopo l’indulto e dopo le violente campagne sulla sicurezza – quasi sempre trasformatesi in campagne contro gli immigrati – il sentimento prevalente nei confronti della popolazione detenuta è quello di ostilità. Nel carcere di Latina oggi sei detenuti sono rinchiusi in una stanza di quindici metri quadratiLa conseguenza è che quasi tutti sono costretti a vivere in spazi ridottissimi e a dormire su letti a castello a tre piani. Una situazione molto pericolosa specie per i detenuti malati. Hanno difficoltà a stare tutti e sei insieme in piedi. La capienza regolamentare di questo istituto dovrebbe essere di 86 detenuti. Oggi invece sono presenti 171 persone, di cui 138 uomini e 33 donne. Il doppio delle presenze che questo carcere può sopportare. Eppure sono passati appena tre anni dall’indulto. Molti di questi sono immigrati, in prevalenza centroafricani, romeni, magrebini, e in attesa di giudizio. Joy (nome di fantasia), ad esempio, attende da sette mesi il suo processo. L’attende suo marito, italiano, che vive a Cagliari. Anche lei può dire che la giustizia italiana è troppo lenta. A Latina l’attività educativa è essenziale. Qui, a decine di chilometri da Roma, non ci sono le tante associazioni che operano nelle carceri della Capitale. Qui la solitudine si avverte con più forza. Colpa anche di quelle odiose schermature che impediscono a detenute e detenuti di vedere la luce del sole o semplicemente un pezzo di cielo. La colpa - ci dicono gli agenti – è dell’ubicazione della struttura, troppo a ridosso dei palazzi del quartiere. In queste celle regna il buio. Non sembra proprio essere, questa, la situazione migliore per chi dovrebbe avviare un percorso individuale per “rivedere la luce”. Un buio ancora più intenso sembra essere quello di una particolare sezione del carcere, laddove sono reclusi coloro che hanno compiuto reati sessuali. Molti di loro sono piegati su se stessi. Lo vedi dai loro volti, lividi. Per una strana coincidenza sono i soli che hanno la doccia in cella, come da regolamento. Ma in realtà la loro condizione è molto dura. I detenuti di questa sezione oltre a vivere in isolamento, si sono inferti una punizione aggiuntiva: hanno scelto di non fare gruppo e di contrastarsi reciprocamente. La conseguenza è che ogni cella fa l’ora d’aria per conto suo. Nonostante le gravi condizioni di detenzione c’è nella casa circondariale un clima familiare e umano. Il direttore e il comandante, ad esempio, sono apprezzati, riconosciuti. Hanno instaurato con i detenuti un rapporto umano. E non si tratta di una cosa di poco conto. Ciò dimostra che chi opera a contatto con i detenuti spesso mostra maggiore sensibilità di chi governa.

 

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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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