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Cucchi: morto per negligenza medici

Esperto rileva: registrate omissioni e negligenze nelle terapie
(ANSA)- ROMA, 8 APR - Stefano Cucchi non e' morto per disidratazione ma per negligenza dei medici. E' la conclusione della perizia chiesta dai pm. E' stata eseguita dal professor Paolo Arbarello, a capo di un'equipe medica nominata dal pm Vincenzo Barba. Arbarello ha sottolineato che i periti hanno 'registrato omissioni e negligenze nelle terapie. Un paziente in quelle condizioni doveva essere trasferito in un reparto adeguato ma andava trattato diversamente da come e' stato fatto'.



Apcom 8 aprile 2010 Roma - Stefano Cucchi non è morto per disidratazione e poteva essere salvato. E' il risultato dell'analisi svolta dal pool di esperti guidati dal direttore dell'istituto di medicina legale dell'università la Sapienza, Paolo Arbarello, le cui conclusioni sono raccolte in una consulenza di 145 pagine consegnate ieri ai pm che indagano sul caso. "La vita di Cucchi - ha spiegato Arbarello - illustrando alla stampa il contenuto della consulenza depositata in Procura - se si fosse agito diversamente poteva essere salvata". Il quadro clinico del giovane, ha sottolineato, all'ingresso all'ospedale Pertini era fortemente compromesso e non permetteva la degenza nel reparto detentivo. Cucchi avrebbe dovuto essere ricoverato in un reparto per acuti. "Abbiamo rilevato - ha detto Arbarello - una carenza assistenziale. Abbiamo un dubbio sul perchè un paziente in quelle condizioni sia stato avviato a quel reparto. Andavano impostate diversamente le terapie. Ci sono state omissioni e negligenze".



Cucchi, i medici legali: «Poteva essere salvato»

Non è morto per disidratazione, ma perchè, pur in condizioni cliniche difficili, non è stato curato
ROMA - Fa ancora discutere la morte di Stefano Cucchi il geometra di 31 anni morto dopo 6 giorni dall'arresto, il 22 ottobre scorso all'Ospedale Sandro Pertini. «La vita di Cucchi si sarebbe potuta salvare. Se fosse stata posta in essere un'idonea terapia si sarebbe potuto scongiurarne la morte». Dice Paolo Arbarello, direttore dell'istituto di Medicina legale dell'università La Sapienza. Il professore è a capo del pool di esperti che ha concluso le indagini e consegnato il fascicolo di 145 pagine ai due magistrati, il pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, titolari dell'inchiesta sulla morte di Cucchi. Le parole di Albarello chiariscono: «Stefano Cucchi non è morto per disidratazione. La sera prima del decesso aveva assunto tre bicchieri d'acqua ed erano stati fatti dei prelievi di urina da cui è emersa una corretta funzionalità renale».
«SBAGLIATO IL REPARTO E LE TERAPIE» - «Stefano Cucchi pur in condizioni cliniche estremamente difficili, non è stato curato» ha detto il professor Paolo Arbarello. «Il quadro clinico del giovane - ha sottolineato - all’ingresso all’ospedale Pertini (nel reparto dedicato ai detenuti ndr) era fortemente compromesso e non permetteva la degenza nel reparto detentivo. Cucchi avrebbe dovuto essere stato ricoverato in un reparto per acuti». «Abbiamo rilevato una carenza assistenziale. Abbiamo un dubbio sul perchè un paziente in quelle condizioni sia stato avviato a quel reparto. Andavano impostate diversamente le terapie. Ci sono state omissioni e negligenze».
«NON SONO STATE LE LESIONI» - Così come non hanno causato la morte le lesioni vertebrali, una antica e l'altra recente, tipiche di una caduta da seduto, che ha coinvolto il coccige. «Queste lesioni comunque erano indifferenti in relazione al decesso. Non sta a noi stabilire da cosa siano state provocate, ma comunque non sono state la causa della morte» ha detto Arbarello. «L'assistenza - ha proseguito il medico legale - non è stata adeguata. Invece le indicazioni del "Fatebenefratelli" e di Regina Coeli erano corrette».
LA FRATTURA E LE BOTTE - «Quanto ai meccanismi - ha sottolineato il direttore dell’istituto di medicina legale - per cui questo tipo di caduta si è determinata non spetta noi dirlo. Non ci sono prove - ha spiegato - che si tratti della conseguenza di un pestaggio. Non ci sono segni di pugni o di una aggressione diretta. Questo però non esclude necessariamente il pestaggio, perchè avrebbe potuto essere stato spinto violentemente contro un muro o sul pavimento, tanto da provocare la frattura». «Noi non possiamo entrare - ha detto Arbarello - nel merito delle modalità che hanno provocato le lesioni».
I DISTURBI DI STEFANO CUCCHI - Cucchi soffriva, secondo la ricostruzione del gruppo di esperti, di cinque gravi problemi: riportava una «fortissima cachessia, vale a dire era magrissimo e in uno stato vicino al malnutrizione; una disfunzione epato-cancreatica; una grave ipoglicemia; uno squilibrio elettrolitico; e una "rilevante bradicardia", vale a dire un battito del cuore molto lento, intorno alle 40 pulsazioni al minuto». «Si tratta di una condizione generale - ha sottolineato Arbarello - nella quale occorre provvedere con terapie idonee per scongiurare la morte». Le indicazioni dei medici del Regina Coeli e del Fatebenefratelli, secondo quanto risulta dalle carte, ha proseguito il direttore di medicina legale, sono state corrette. L’errore è stato compiuto al Pertini.
«LA VALUTAZIONE SPETTA AL MAGISTRATO» - «Le perizie legali - ha sottolineato però Arbarello - non sono prove e non costituiscono verità assoluta. La perizia medico-legale non è una sentenza. Noi abbiamo svolto la nostra analisi sulla base dei rilievi e della documentazione che avevamo a disposizione. Spetterà al magistrato fare una valutazione complessiva, avvalendosi anche di altri strumenti come gli interrogatori, che aggiungono sicuramente elementi al puzzle. Quello che possiamo dire noi è che le lesioni riportate da Cucchi non erano mortali, che non è morto per disidratazione e che con le terapie adeguate poteva essere salvato. Se poi i medici hanno fatto bene o no, sulla base delle informazioni che avevano e dei protocolli a fare quello che hanno fatto è una valutazione che spetta al magistrato».

Corriere della Sera redazione online 8 aprile 2010

"Non era disidratato, potevano salvarlo" I medici legali riaprono il caso Cucchi
I consulenti incaricati dalla Procura smentiscono la morte per disidratazione "Sottovalutato il suo stato di salute". Secondo i medici non è stato adottato un piano terapeutico adeguato

"La vita di Cucchi si sarebbe potuta salvare. Se fosse stata posta in essere un'idonea terapia si sarebbe potuto scongiurarne la morte". Così Paolo Arbarello, direttore dell'istituto di Medicina legale dell'università La Sapienza nel corso di una conferenza stampa in cui ha illustrato le conclusioni di una consulenza elaborata da un pool di esperti incaricati dai magistrati per far luce sulla morte di Stefano Cucchi, il detenuto morto il ottobre scorso al Sandro Pertini.
Da parte dell'ospedale c'è stata omissione e negligenza". Queste le accuse rivolte dai medici legali alla struttura che avrebbe dovuto seguire in modo diverso il giovane deceduto sei giorni dopo l'arresto. In particolare, ha chiarito Arbarello, "in ospedale non è stata colta la gravità della situazione e determinante per la morte è stata l'omissione di un piano terapeutico adeguato". Mistero anche sul ricovero di Cucchi. Secondo Arbarello, "il reparto di medicina protetta non era idoneo alla sua condizione. Non sappiamo il perché non sia stato ricoverato in un altro".
Secondo i medici legali, è da escludere la morte per disidratazione. Dagli esami autoptici eseguiti sul corpo risulta infatti che Stefano aveva la vescica piena in virtù del fatto che la sera prima di morire aveva bevuto tre bicchieri di acqua. Viene perciò smentita la tesi della commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficienza, presieduta da Ignazio Marino.
L'analisi svolta dal pool di esperti ha inoltre rilevato - ha spiegato arbarello - una lesione vertebrale lombare "antica" e una sacrale "recente". Quest'ultima è "tipica della caduta podalica", vale a dire una caduta sul sedere. "Quanto ai meccanismi ha sottolineato il direttore dell'istituto di medicina legale - per cui questo tipo di caduta si è determinata non spetta noi dirlo".
Non ci sono prove, ha spiegato Arbarello, che si tratti della conseguenza di un pestaggio. Nessun segno di pugni o di una aggressione diretta, questo però non esclude necessariamente il pestaggio, perché avrebbe potuto essere stato spinto violentemente contro un muro o sul pavimento, tanto da provocare la frattura. "Noi non possiamo entrare - ha concluso il professore - nel merito delle modalità che hanno provocato le lesioni".

La Repubblica 8 aprile 2010



DURISSIMO J'ACCUSE CONTRO L'OSPEDALE
Cucchi poteva essere salvato: "Non morì per disidratazione"



Secondo i periti non fu curato sotto accusa i medici del Pertini "Avrebbero dovuto trasferirlo
in un altro reparto: non fu colta la gravità della situazione"


ROMA
Stefano Cucchi, il giovane arrestato per droga il 15 ottobre scorso e morto una settimana dopo in ospedale, non è morto per disidratazione, ma perchè, pur in condizioni cliniche estremamente difficili, non è stato curato.
A questa conclusione è giunto il professor Paolo Arbarello, responsabile dell’istituto di medicina legale e a capo di una equipe medica nominata dal pm che conduce l’inchiesta sulla morte di Cucchi. Arbarello ha raccolto le sue conclusioni in una consulenza di 145 pagine consegnate ieri ai pm che indagano sul caso. «Il giorno precedente alla morte -ha spiegato Arbarello- Cucchi aveva assunto tre bicchieri d’acqua e c’era funzionalità renale perchè la vescica era piena. Così non si muore disidratati».
«La vita di Cucchi - ha aggiunto il docente - illustrando alla stampa il contenuto della consulenza depositata in Procura - se si fosse agito diversamente poteva essere salvata». Il quadro clinico del giovane, ha sottolineato, all’ingresso all’ospedale Pertini era fortemente compromesso e non permetteva la degenza nel reparto detentivo. Cucchi avrebbe dovuto essere stato ricoverato in un reparto per acuti. «Abbiamo rilevato - ha detto Arbarello - una carenza assistenziale. Abbiamo un dubbio sul perchè un paziente in quelle condizioni sia stato avviato a quel reparto. Andavano impostate diversamente le terapie. Ci sono state omissioni e negligenze».
Al pestaggio che Cucchi avrebbe subito il giorno dopo il suo arresto, vicino alle celle di sicurezza del Tribunale di Roma, nei sotterranei di piazzale Clodio, seguirono negligenze gravissime. «A Cucchi -ha insistito Arbarello- non sono state attuate le terapie che potevano evitare la morte. Rimane il dubbio sul perchè sia stato avviato a quel reparto: il reparto di medicina protetta non era idoneo alla sua condizione. Non sappiamo il perchè sia stato ricoverato in quel reparto e non in un altro». «C’è stata omissione e negligenza. Stefano Cucchi andava trattato diversamente. In ospedale non è stata colta la gravità della situazione e determinante per la morte è stata l’omissione di un piano terapeutico adeguato».
Il presunto pestaggio non sembra aver determinato la morte. «Stefano Cucchi presentava una lesione vertebrale antica e una lesione vertebrale recente. Ma queste lesioni -ha spiegato Arbarello- sono tipiche della caduta podalica, e comunque erano lesioni indifferenti ai fini della morte. Inoltre Cucchi presentava lesioni recenti al viso ed escoriazioni a livello delle gambe. Non si sono rilevati segni di bruciature». La causa della morte? «Cucchi presentava una cachessia, condizione di peso bassissimo, una disfunzione epato-pancreatica, un ipoglicemia grave e uno squilibrio elettrolitico e una bradicardia. Non è stata colta la gravità della situazione».

La Stampa 8 aprile 2010




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