Stefano dalle parole di mamma e papà Era un ragazzo come tanti, pieno di vita, di aspirazioni, di progetti, amico di tutti, cordiale, allegro, esuberante, apparentemente spavaldo, sempre con la battuta pronta; era influenzabile sì, ma perché molto sensibile e fondamentalmente altruista. Aveva studiato e conseguito il diploma di geometra; aveva effettuato il prescritto tirocinio e collaborava con lo studio di famiglia; sognava di iscriversi al Collegio dei Geometri e perciò aveva iniziato un proprio percorso professionale, del quale era entusiasta e in cui riponeva enormi speranze e aspettative.
Come tanta gioventù era incappato nel problema della droga, ma era entrato spontaneamente in comunità e ne era uscito dopo tre anni con successo, conscio comunque dei pericoli sempre incombenti per chi ha subito una simile esperienza. Aveva trovato giovamento nell’attività sportiva della corsa e in palestra. Cosa chiedono la mamma e il papà Dopo i fatti accaduti la famiglia ritiene di pretendere legittimamente dallo Stato di rendergli conto sulla scomparsa di Stefano. 1-   Vogliamo sapere perché alla sua richiesta precisa non è stato chiamato dai militari, la sera dell’arresto, il suo avvocato di fiducia; 2-   Vogliamo sapere dalle forze dell’ordine come è stato possibile che abbia subito delle percosse bestiali e le lesioni; 3-   Vogliamo sapere chi gliele ha prodotte e quando; 4-   Vogliamo sapere dalle strutture carcerarie perché non ci è stato consentito il colloquio con i medici; 5-   Vogliamo sapere dalle strutture sanitarie, perché non gli sono state effettuate le cure mediche necessarie; 6-   Vogliamo sapere dalle strutture sanitarie, perché sia stata consentita in sei giorni di ricobero una tale debilitazione fisica; 7-   Vogliamo sapere perché è stato lasciato in solitudine senza conforto morale e religioso; 8-   Vogliamo sapere infine la natura e le circostanze precise della sua morte; 9-   Vogliamo sapere altresì se ci sono motivi validi di tale accanimento su una giovane vita. Immaginiamo che una famiglia distrutta dal dolore per la morte atroce del proprio figlio di 31 anni abbia il diritto di URLARE CON TUTTE LE SUE FORZE per chiederne conto! «Stefano, il fratello che mi proteggeva quando ero piccola»
Ilaria Cucchi intervistata su «Sette» Anticipiamo qui sotto uno stralcio dell’intervista a Ilaria Cucchi che uscirà sul prossimo numero di «Sette» Valerio, il nipotino di sette anni, non capiva. Gli avevano raccontato che zio Stefano non c’è più per via di un brutto inciÂdente, e poi perché Gesù è semÂpre in cerca di angeli e ogni tanÂto ne prende qualcuno con sé. «Quando sono anziani, però», aveva risposto il bambino; che c’entrava quello zio ancora gioÂvane e mingherlino, che da picÂcolo aveva fatto il lupetto come lui adesso, e quando veniva a caÂsa era sempre allegro e giocheÂrellone? Non c’entrava niente, infatti. Allora la mamma di Valerio, IlaÂria Cucchi — sorella di Stefano, morto con le ossa rotte a 31 anÂni nel reparto carcerario di un ospedale, a sette giorni dall’arreÂsto per qualche grammo di hashish — ha cominciato a racÂcontargli un’altra storia. «Zio Stefano è morto perché il monÂdo è pieno di gente buona, ma ogni tanto s’incontra pure qualÂche cattivo; a lui è successo, qualcuno gli ha fatto del male». (...) Da un mese la vita di Ilaria è cambiata. Per cercare delle riÂsposte alla morte del fratello di quattro anni più giovane; per spiegare a tutti che non è stata una disgrazia, della quale ci si può fare una ragione; per gridaÂre che lei e i suoi genitori non si accontenteranno di mezze veriÂtà . «E pensare — ricorda — che da ragazzini era lui a essere proÂtettivo con me. Dormivamo nelÂla stessa stanza, io avevo paura del buio e Stefano mi rassicuraÂva, mi diceva che non dovevo teÂmere nulla perché c’era lui».(...) Crescendo, Ilaria e Stefano hanno cominciato a frequentaÂre persone diverse, ma senza mai allontanarsi. «Lui andava dai lupetti e poi dagli scout, gli piaceva molto e si divertiva alle uscite di gruppo; io invece sono un tipo a cui piacciono le comoÂdità e dopo che al primo campo mi hanno messo a lavare pentoÂloni ho smesso. Però abbiamo continuato a raccontarci tutto, Stefano portava a casa le prime fidanzate e me le presentava, le cambiava spesso. Si vede che aveva successo...», sorride IlaÂria. Con le ragazze sono arrivate nuove amicizie, e poi le discoteÂche: «Magari è da lì che è cominÂciato il problema della droga, di cui noi a casa ci siamo accorti a fatica. Perché Stefano prendeva la cocaina, che dà una dipendenÂza diversa dall’eroina, meno apÂpariscente. Adesso tutti pensaÂno che era così magro per via della droga, ma non è vero: è sempre stato magro, alto come me, un metro e sessanta, e pesaÂva meno di 50 chili. Piccolo, ma sempre attento al fisico e alla saÂlute. Ultimamente andava a corÂrere tutte le mattine, la sera in palestra, e stava attento a quello che mangiava». (...) E quando ha capito che doveÂva fare pace anche con se stesÂso, è stato lui stesso a decidere di entrare nella comunità per tossicodipendenti di don PicÂchi. (...) Dalla comunità Stefano scriveva spesso a Ilaria. «Tutte le difficoltà che ora sto inconÂtrando mi rafforzano molto. TorÂnerò, lo giuro, alla grande!», prometteva in una lettera delÂl’aprile 2004, nella quale parlaÂva anche di Valerio, il nipotino di cui teneva la foto accanto al letto: «Gli do la buonanotte tutÂte le sere, e il suo sorriso così stupendo mi dà voglia la mattiÂna di alzarmi con una motivazioÂne in più, cioè quella che quanÂdo uscirò potrò giocare insieme a fare lo Zio, con la Z maiuscoÂla ». (...) Dopo la morte del fratello, IlaÂria e i suoi genitori hanno deciÂso di diffondere le foto del cadaÂvere di Stefano, per sensibilizzaÂre l’opinione pubblica ed evitaÂre che calasse il sipario sulla «burocratica negligenza omiciÂda » che l’ha ucciso. Immagini tremende: «Fanno venire in mente i deportati di Auschwitz, guardarle e diffonderle è stata un’ulteriore sofferenza. Però abÂbiamo pensato che mostrarle potesse servire a trovare delle riÂsposte » . Giovanni Bianconi 24 novembre 2009 |
- Pubblichiamo il racconto di Antonio Argentieri, apparso sul sito www.terramara.it, in cui denuncia un pestaggio subito da alcuni agenti del carcere di Arezzo nel 2004
- Pubblichiamo una serie di lettere inviate da detenuti a Radio carcere, trasmissione settimanale a cura di Riccardo Arena, su Radio Radicale
- Michela e le altre
- Nuove carceri senza personale
- Ergastolani: una protesta ignorata
- Indulto e disinformazione
- Leggete e diffondete: mio padre per l'ennesima volta è in grave pericolo
- Comitato educatori penitenziari: per "alternative al carcere" servono più educatori
- Petizione al Parlamento Europeo: tutta l'Europa abolisca l'ergastolo
- Detenute madri
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