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Nove disegni di legge per introdurre il crimine di tortura nel codice penale
Patrizio Gonnella
Nove disegni di legge pendono alle Camere per introdurre il crimine di tortura nel codice penale. L’ultimo in ordine cronologico è stato presentato a Palazzo Madama dal senatore Luigi Li Gotti (Idv). Gli altri otto sono così distribuiti: cinque al Senato e tre alla Camera dei Deputati. Complessivamente vi sono quattro disegni di legge targati Pd, due targati Pdl e due Idv. Uno è invece trasversale. Ed è anche il più fedele ai contenuti della Convenzione Internazionale contro la tortura delle Nazioni Unite. La prima firmataria è Donatella Poretti, radicale eletta nelle liste del Pd. La proposta risale al 26 novembre del 2008. Fu contestuale alla presentazione di un emendamento depositato durante la discussione del pacchetto sicurezza. L’emendamento – così spiegò allora la senatrice radicale – era funzionale ad assicurare la sicurezza delle persone in custodia dello Stato. Esso definiva il crimine di tortura e lo introduceva nel codice penale. Fu scelta la procedura del voto segreto. L’emendamento non passò per soli cinque voti. Segno che dentro la maggioranza si era creata una piccola frattura. Il testo della Poretti è firmato da circa quaranta senatori. Spicca vedere insieme tra i cofirmatari l’ex pm milanese Gerardo D’Ambrosio, la radicale Emma Bonino, l’ex presidente della provincia di Milano Ombretta Colli, l’ex giudice veneziano Felice Casson, Pietro Ichino del Pd e Nicola Di Girolamo del Pdl, il presidente della Commissione sui diritti umani Pietro Mercenaro, il candidato alla segreteria del pd Ignazio Marino e Adriana Poli Bortone dell’Udc. Il testo prevede che dopo l’articolo 593 del codice penale sia inserito il 593-bis. La definizione di tortura è quella del Trattato Onu del 1984 ratificato dall’Italia nel 1987. Commette tortura - secondo il disegno di legge - il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge a una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione. La sanzione consiste nella reclusione da quattro a dieci anni. La pena è raddoppiata se ne deriva la morte. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente. La proposta della Poretti si fa carico anche dell’ipotesi che il governo italiani neghi l’immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale prevedendone l’estradizione. Infine viene istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un “Fondo per le vittime dei reati di tortura utile ad assicurare un risarcimento finalizzato a una completa riabilitazione”. Gli altri testi depositati in Senato presentano alcune variazioni sostanziali. Sia quello dei senatori siciliani del Pdl Salvo Fleres (che è anche garante siciliano dei diritti dei detenuti) e Mario Ferrara, che quello del democratico Di Giovan Paolo, prevedono che il delitto di tortura sia generico ossia commettibile anche da colui che non è un pubblico ufficiale. Il massimo della pena è in entrambi i casi di dodici anni. Diminuisce il minimo edittale nella proposta pidiellina. In uno dei due testi vengono specificate le ragioni di discriminazione - razziale, politica, religiosa o sessuale – che possono essere alla base delle violenze psicologiche o fisiche inferte. Alla Camera i testi che hanno quali primi firmatari Salvatore Torrisi del Pdl, Pino Pisicchio dell’Idv e Gianclaudio Bressa del Pd sono più o meno corrispondenti a quelli presentati al Senato da Fleres e Ferrara. Nei giorni scorsi la capogruppo del partito democratico Anna Finocchiaro ha chiesto la calendarizzazione dei disegni di legge sulla tortura. Qualora fosse accordata bisognerà arrivare a un testo unico e sostanzialmente decidere se propendere per una ipotesi delittuosa specifica (ossia crimine che può essere commesso solo da addetto alle forze dell’ordine o affini) oppure generica (ad esempio tortura commessa da un sequestratore nei confronti del sequestrato) con un’aggravante nel caso di fatto commesso da un pubblico ufficiale. Infine va ricordato che l’Italia non ha ancora ratificato il Protocollo Opzionale alla Convenzione sulla tortura pur avendolo firmato nel lontano 2003 per volontà del precedente governo Berlusconi. La firma fu apposta dall’allora sottosegretaria agli esteri Margherita Boniver.   
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il 7/2/2014


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