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Codice etico
Patrizio Gonnella
É in arrivo dal Consiglio di Europa il Codice Etico per chi lavora in carcere. Con la supervisione del professore universitario inglese Andrew Coyle, già redattore delle Regole Penitenziarie Europee del gennaio 2006, il Comitato europeo sui problemi criminali di Strasburgo ha di recente chiuso i lavori di redazione del testo che ora aspetta solo la successiva adozione formale. In apertura del Codice si afferma che i principali obiettivi professionali dello staff penitenziario in una società democratica devono essere: proteggere e rispettare i diritti umani così come definiti dalla Convenzione europea del 1950 e dalle Regole Penitenziarie del 2006; garantire il diritto della collettività a essere salvaguardata dalla criminalità; favorire la reintegrazione sociale dei detenuti assicurando un utile impiego del tempo da loro trascorso in prigione. Si afferma perentoriamente che il Codice etico si applica anche alle prigioni private (diffuse ad esempio in Inghilterra). Viene chiarito che lo staff penitenziario non deve essere militare, non deve confondersi con le forze dell’ordine che hanno compiti di polizia giudiziaria e deve garantire il pieno rispetto del diritto di difesa delle persone recluse. Al punto quattordici si sottolinea che il servizio penitenziario deve essere gestito in modo da promuovere buone relazioni con le autorità locali, con le organizzazioni non governative, con i rappresentanti della comunità pubblica ed infine coi media offrendo informazioni obiettive e tempestive. Nella selezione del personale vanno accertate l’integrità morale, la capacità di giudizio, la maturità, la capacità di relazionarsi con le altre persone, e per chi deve gestire la struttura, la capacità di leadership. Non vi deve essere discriminazione nel reclutamento. Sarebbe infatti importante che lavorassero nelle carceri anche esponenti delle minoranze nazionali ed etniche. La formazione viene ritenuta decisiva per sviluppare un buon clima dentro le prigioni. Deve essere periodica e di qualità. I contenuti dei programmi formativi devono principalmente riguardare le modalità di dialogo coi detenuti e solo secondariamente le forme di auto-difesa purchè conformi al diritto internazionale dei diritti umani. Gli operatori penitenziari devono essere i primi avversari del razzismo e della xenofobia, a partire dal linguaggio usato. Affinché svolgano bene e serenamente il loro lavoro devono vedere pienamente tutelati i loro diritti sociali e sindacali. Ad esempio devono avere una retribuzione appropriata e una speciale assicurazione che li protegga dai rischi professionali a cui possono andare incontro. Diritti che spettano a tutti allo stesso modo: sia a chi ha compiti di custodia che a chi ha compiti più specificatamente educativi. Chiunque lavora in carcere non deve infliggere, istigare o tollerare un qualsivoglia atto di tortura o violenza anche se ordinato da un superiore. In nessun caso l’operatore penitenziario deve entrare in relazione privata di amicizia con i detenuti o i loro familiari. Ciò favorirebbe ipotesi di corruzione. L’istituzione penitenziaria deve rendersi permeabile a controlli esterni. Lo staff penitenziario deve sempre collaborare nel caso di inchieste su fatti avvenuti dentro le mura carcerarie. Chiunque lavori in un istituto penitenziario e ritenga che siano violate norme del codice etico di condotta deve avvertire obbligatoriamente i superiori gerarchici. Infine si prevede che i singoli Stati facciano propri i contenuti del codice etico europeo.


ItaliaOggi 15maggio2011
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Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


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