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Intervista a Luigi Manconi… impariamo dal caso Cucchi
Giorgio Puri
Il Futurista, 2 giugno 2011
Il nostro sistema democratico? Imperfetto, incompiuto e potenzialmente peggiorativo. Per questo, riflette Luigi Manconi, presidente dell’associazione “A Buon Diritto” ed ex sottosegretario alta Giustizia, non serve a nulla considerare la Libertà come un trofeo conquistato una volta e per sempre.
Da dove avviare una seria opera che rivoluzioni gli istituti carcerari, in chiave sociale e di vera rieducazione?
Dai risultati delle commissioni istituite dai ministri delta giustizia di centrodestra e di centrosinistra nel corso degli ultimi quindici anni. L’ultima fu presieduta da Giuliano Pisapia, la penultima da Carlo Nordio, per riformare il codice penale e di procedura penale. Così quelle precedenti, le cui relazioni finali convergevano nell’indicare come le due direttrici da percorrere per modificare il sistema penitenziario fossero la depenalizzazione e la decarcerizzazione. Ma te cose sono andate nella direzione opposta. Per dirne una, l’introduzione dell’aggravante di clandestinità ha plasticamente rappresentato l’abnegazione di quanto detto. Ovvero si qualifica come fattispecie penale un mero status, una condizione. Sanzionata come un reato, pur essendo un’espressione che non ha comportato ciò che invece è il criterio essenziale che lo stato di diritto ha indicato per qualificare un reato.
Se l’Italia è un paese dove, per ottenere diritti fondamentali, è necessario sottrarsi all’alimentazione, come lo sciopero della farne che sta portando avanti Marco Pannella, che significa, che di passi democratici in avanti non ne sorso stati fatti?
È una forma di protesta non violenta che mette in campo la propria personale responsabilità, mettendo in gioco se stessi. Le azioni di lotta, in genere, privilegiano il bersaglio da colpire, mentre il metodo di lotta non violenta sottolinea il ruoto del soggetto che mette n discussione se stesso. Personalmente sono tra coloro che ritengono di vivere in un regime democratico dove le libertà fondamentali sono sì riconosciute. Ma abbiamo imparato, non da ieri, che non è un regime perfetto, né compiuto, né irreversibile. Non è escluso che al proprio interno vi siano zone addirittura antidemocratiche e comunque spazi dove i diritti non sono riconosciuti. Si tratta di un panorama appunto non perfetto, che può peggiorare, può vedere ridursi gli spazi di libertà. Parlerei di libertà e di diritti, ma al plurale: dal momento che non sono trofei conquistati una volta e per sempre. E soprattutto sono soggetti a restrizioni e persino a gravi lesioni.
Cosa ha insegnato, in questo, il caso Cucchi?
Molto, ma faccio un esempio totalmente lontano da quello: se passasse una legge come quella sul testamento biologico, verrebbe di fatto imposto all’individuo che abbia dichiarato di non voler subire nutrizione e idratazione forzate, un trattamento vero e proprio. Questa sarebbe forse la lesione più profonda che il nostro ordinamento giuridico abbia mai subito nella sua storia.
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