Home            Chi Siamo             Links             Cerca             Contattaci


Intervento Guido Melis, in sede di dichiarazione di voto, ieri alla Camera (16 febbraio) sul progetto di legge a favore delle detenute madri e dei loro bambini

GUIDO MELIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è con particolare soddisfazione che annuncio, a nome del gruppo del Partito Democratico, il voto favorevole su questo provvedimento.È una legge che abbiamo fortemente voluta. Voglio ricordare qui che l'inserimento nel novero delle proposte di legge in esame è avvenuto su nostra richiesta (come si usa dire: in quota opposizione).È un provvedimento che abbiamo costantemente seguito e difeso in Commissione, anche adattandoci - come era giusto che fosse - a quei cambiamenti del disegno originario suggeriti dalla necessità di trovare sul testo un largo consenso. Consenso che abbiamo trovato, e ci accingiamo infatti a votare tutti uniti con piena convinzione.Siamo qui di fronte, signor Presidente - lo hanno sottolineato la relatrice, onorevole Samperi, a cui va il mio ringraziamento, e, intervenendo a nome del Partito Democratico nella discussione sulle linee generali, i colleghi Tidei e Touadi -, ad un deciso adeguamento del nostro ordinamento ai sistemi giuridici più avanzati dell'Europa comunitaria.Voglio ricordare solo un documento europeo, la raccomandazione n. 2006/2 del Comitato dei Ministri del Consiglio europeo agli Stati membri sulle regole penitenziarie europee, adottata l'11 gennaio del 2006 che tracciava le linee guida. Le autorità - diceva quel testo - devono porre particolare attenzione ai bisogni fisici, professionali, sociali e psicologici delle donne detenute. Devono esercitare sforzi per permettere l'accesso ai servizi specialistici. Le donne devono essere autorizzate a partorire fuori dal carcere e, quando questo non avvenga, il bambino che nasce nell'istituto deve usufruire di tutta l'assistenza possibile e immediata. I bambini in tenera età - aggiungeva - possono restare con il genitore detenuto solo se è nell'interesse del bambino. Si devono, in questi casi, allestire nidi d'infanzia con personale specializzato.Non è necessario che dica, anche sulla base dell'esperienza personale che molti di noi fanno visitando le carceri italiane, che queste condizioni non si presentavano e non si presentano nell'esperienza attuale del nostro sistema penitenziario

Dirò di più: si compie, con quest'atto di oggi, un percorso complesso e graduale che è iniziato nel 1975 quando si introdusse la prima disciplina a favore delle madri con minori condannate e già in fase di espiazione di pena detentiva; un percorso che è proseguito con la legge 8 marzo 2001, n. 40, che fu fortemente voluta dall'allora Ministro per le pari opportunità Anna Finocchiaro, con l'adesione, anche allora, di pressoché tutte le forze rappresentate in Parlamento e che, oggi, si completa, alla luce dell'esperienza fatta, per migliorare ed eliminare alcune delle contraddizioni emerse nella pratica di questi anni.

Il DAP, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ci ha fornito recentemente, in Commissione giustizia, i dati numerici del problema: le donne in carcere costituiscono una percentuale del 4 per cento dell'intera popolazione carceraria; questa percentuale è, inoltre, caratterizzata da una bassa presenza di reati in genere con minor tasso di pericolosità sociale. Alla data dello scorso 7 settembre, le donne detenute nelle carceri italiane erano 2.969 e le regioni con maggiore densità la Lombardia (632), il Lazio (434) e la Campania (283). A fronte di questi numeri, che sono compatibili con una risposta in termini di specifico trattamento del problema, a quella data, gli istituti penitenziari attrezzati per ospitare donne con prole, secondo la vecchia norma che ora siamo sul punto di modificare, ossia con bambini sino ai tre anni, erano 23, dei quali 2 (Roma-Rebibbia e Venezia-Giudecca) esclusivamente femminili. A quella data, solo 11 di quei 23 istituti ospitavano le donne con prole, mentre il numero complessivo dei bambini ospitati era, all'epoca, 55. Questi erano i numeri, parliamo però sempre di istituti penitenziari, cioè di ambienti non adatti alla permanenza di bambini nell'ambito di complessi penitenziari già esistenti dedicati alla funzione dell'istituto penitenziario.

Onorevoli colleghi, bisogna aver visitato le carceri dove sono custodite queste madri per avere l'esatta percezione dello stato delle cose. A Sassari, in quello che, forse, è, a mio avviso, il peggior carcere della Repubblica, l'istituto ottocentesco di San Sebastiano, per fortuna in via di essere sostituito da una struttura moderna da tempo in costruzione, mi è capitato di recente di trovare una bambina nigeriana - si chiamava Debora - intenta a giocare da sola in una stanza abbastanza squallida, con pochi giocattoli ammucchiati in un angolo, in un ambiente con le sbarre alle finestre, poca aria, pochissima luce. Ne ho tratto la convinzione che, tra le cifre delle statistiche carcerarie e la condizione umana di chi dentro questi luoghi vive e soffre, passa una differenza che noi, qui, trattandole da legislatori, non dovremmo mai dimenticare.La concezione che questo provvedimento introduce, rispetto alla realtà degli istituti penitenziari cosiddetti attrezzati per le detenute madri, è radicalmente nuova ed opposta e, cioè, si basa sul principio di allontanare, di separare, il bambino detenuto senza sua colpa e sua madre dal luogo dell'espiazione normale della pena, rafforzando e diffondendo sul territorio nazionale quegli istituti a custodia attenuata, gli ICAM appunto, o, meglio ancora, le case famiglie protette, che, presenti in molte situazioni all'estero, in Europa ed altrove, nell'attuale nostro ordinamento costituiscono un'assenza o una rarissima eccezione.Si tratta di istituti a custodia attenuata, che simboleggiano - lo ha detto bene Marilena Samperi nella sua relazione - un modo innovativo di concepire la privazione della libertà per le detenute madri e i loro incolpevoli bambini e che - uso ancora le parole dell'onorevole Samperi - replicando le condizioni di vita dell'ambiente libero, permettono di non far ricadere il bambino nella negatività della condizione detentiva.

Non mi servono molte parole per sostenere l'opportunità di questa linea, oggi decisamente imboccata e speriamo in futuro rinforzata con ulteriori interventi, di vera e propria civiltà giuridica.Il minore è finalmente sottratto all'ambiente ristretto del carcere, al clima, agli odori, ai rumori della detenzione. Solo chi è stato in carcere può raccontare i rumori della notte, ad esempio, in un carcere italiano: le chiavi che aprono le porte dei corridoi, i passi delle guardie di custodia, i colpi alle sbarre per il controllo di , le voci, talvolta le urla dei detenuti che stanno male e gridano di notte.Al contrario, qui il bambino viene immesso con altri minori come lui in ambienti senza apparenti restrizioni, assistito da un personale non in divisa, anzi preparato appositamente per trattare simili casi. È troppo ottimistico pensare che un simile cambiamento possa produrre effetti benefici innanzitutto sul piano della psicologia del bambino, che gli si possa evitare il trauma derivante dalla forzata permanenza nel carcere degli adulti? Certo, poiché oggi abbiamo in Italia soltanto un istituto con simili caratteristiche, a Milano, questo è un provvedimento che richiede di essere gestito. Ci vorranno finanziamenti, checché ne dica la Commissione bilancio, anche al di là di quelli sin da oggi individuati e dei quali ci ha informato la relatrice. Ci vorrà, da parte del Governo e delle autorità del dipartimento, una puntuale programmazione del tempo, tanto più che elevando, come stiamo facendo con il provvedimento in esame, ai 6 anni l'età dei bambini oggetto dell'intervento (noi del Partito Democratico l'avremmo portata anche a 10, ma qui ci siamo adeguati, come in altri punti, alla necessità dell'intesa unitaria raggiunta in Commissione) avremo presumibilmente una domanda più elevata di quello che è stato in passato. Il sottosegretario Caliendo ha parlato in Commissione di Torino, Venezia, Firenze, Roma, Villarosa di Enna, Cagliari. Mi pare una discreta distribuzione sul territorio per cominciare, ma non va dimenticato il principio della territorialità della pena, che suggerisce di non allontanare troppo queste madri e questi bambini dal contesto sociale nel quale vivevano e presumibilmente torneranno a vivere e dalle reti esterne parentali ed amicali che le assistono. Ci vorrà soprattutto una costante presenza del magistrato di sorveglianza, al quale la legge affida compiti molto delicati, tra i quali la definizione della tipologia delle case famiglia, anche in relazione alle perduranti esigenze di sicurezza.

Tuttavia, abbiamo adesso uno strumento normativo agile, moderno ed efficace, perfettibile certo, ma intanto da domani in vigore ed è un bel passo avanti.

Signor Presidente, concludo subito: dal mio punto di vista - lo riconosco, un punto di vista parziale - il bilancio dell'attività legislativa di questa prima parte di legislatura non è stato particolarmente brillante: poche leggi, moltissimi decreti approvati con la fiducia, alcuni settori, ad esempio quello della sicurezza, affrontati con una linea che giudichiamo francamente sbagliata, puramente repressiva e di aggravamento delle pene. Mi lasci dire, però, che con questo testo unificato, maturato in un iter dialettico di per sé virtuoso, la Camera ed il Parlamento scrivono oggi una buona pagina, una pagina che mi auguro resterà tra le migliori scritte in questa legislatura.

Share/Save/Bookmark
 

Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


Relizzazione tecnica: Emiliano Nieri
Progetto grafico: Enrico Calcagno, Daniele Funaro - AC&P - Aurelio Candido e Partners
Powered by Joomla!