Sovraffollamento? Allora lista d'attesa Il governo norvegese, oramai venticinque anni fa, così intitolò il piano di edilizia penitenziaria “ridurre le attese per scontare la pena”. Era ovvio per il governo scandinavo non incarcerare persone alle quali non potesse essere assicurato un posto letto.
Le liste di attesa per detenuti sono un’invenzione norvegese. Se non c’è posto in carcere si aspetta a casa che il posto si liberi. Poi sono arrivati il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e la Corte europea sui diritti umani a fissare gli standard ineludibili di vita penitenziaria, tra cui i metri quadri che ogni detenuto deve avere a disposizione affinché lo Stato non incorra in trattamenti inumani e degradanti. E se anche in Italia proponessimo le liste penitenziarie di attesa? Basterebbe una norma di questo tipo: “Nessuno può essere incarcerato se non gli sono garantiti gli spazi fisici fissati negli standard del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Spetta al Ministero della Giustizia, alla luce dei predetti standard, indicare il numero massimo di posti letto per istituto, superato il quale l’ordine di custodia cautelare o di esecuzione della pena si tramuta in obbligo di permanenza in casa o altro luogo indicato dalla persona. Il Ministero della Giustizia costituirà due liste di attesa: una per detenuti in attesa del primo grado di giudizio; un’altra per detenuti appellanti, ricorrenti e condannati in via definitiva. La lista segue un ordine cronologico. Nel caso di reati contro la persona non verrà rispettato l’ordine cronologico e si potrà procedere direttamente all’esecuzione del provvedimento cautelativo o di condanna. Durante la sospensione del provvedimento di carcerazione la pena scorre regolarmente come se fosse espiata. Il detenuto che non rispetta le prescrizioni relative all’obbligo di domicilio vedrà invece interrompere lo scorrimento della pena.” Una norma sicuramente imprecisa. Insieme a tale norma si giustificherebbe l’adozione di un piano di edilizia penitenziaria utile a ridurre le liste d’attesa. Tale piano sarebbe ancor più accettabile se le nuove carceri (vanno bene anche i prefabbricati in legno stile Onna) si ispirassero al già citato modello norvegese. Nell’isola di Bastoey, a un'ora da Oslo, circa cento detenuti vivono in ventuno casette di legno del 1900. La filosofia è quella della responsabilità. Più i detenuti sono costretti a una gestione (auto-gestione) responsabile meno personale penitenziario serve. Le carceri stile Onna dovrebbero essere amministrate con solo personale educativo messo a disposizione dalle amministrazioni locali, e dovrebbero custodire chi deve scontare pene brevi inflitte per fatti non gravi. Di questo si dovrebbe discutere in una grande conferenza sulla questione penitenziaria che veda il coinvolgimento del governo, delle categorie professionali, delle forze politiche, delle associazioni e dei detenuti.
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