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Quei bambini tra la Romania e l’Italia

 

di Elisabetta Zamparutti
Deputata Radicale eletta nelle liste del PD

Gratian Gruia, un bambino di origini romene di quasi quattro anni, fu trovato due anni fa in condizioni terribili dalla squadra mobile di Roma, perché, dopo essere stato abbandonato dalla madre, era costretto dalla nonna a mendicare.
A seguito della perdita della potestà genitoriale da parte del padre e della madre, Gratian venne accolto in una casa famiglia di Roma, dove iniziava a stare meglio, quando giunse la richiesta di riconsegna da parte della Romania. Il Tribunale per i minorenni di Roma, dove era stato aperto il procedimento per la declaratoria dello stato di abbandono, decideva il rimpatrio di Gratian, nonostante  il parere negativo del pubblico ministero e degli esperti.
Gratian dopo esser stato affidato a un’assistente sociale romena, venne poi dai tribunali locali riaffidato a familiari del clan Gruia.
La Romania, che fa registrare il tasso di crescita più alto di ingressi in Italia, sta adottando una politica intensiva di recupero dei minori a cui il Governo italiano ha prestato il fianco firmando, lo scorso mese di giugno, un accordo di cooperazione sui minori non accompagnati.
Il problema è che le circa tremila richieste di rimpatrio, riguardano esclusivamente bambini piccoli. Non risulta invece alcuna richiesta per i minori romeni tra i quattordici e i diciotto anni arrestati nel Lazio.
In Romania l'adozione è un istituto semisconosciuto. Nessuno vuole i «figli di nessuno», per cui i bambini non andranno in una famiglia, ma, con tutta probabilità, verranno restituiti ai clan che li sfruttano o passeranno tutta la vita in istituto. È quindi necessario interrogarsi su questa politica chiedendosi a cosa siano destinati i rimpatriati.  
In quel paese vivono settantaduemila bambini abbandonati, molti dei quali sieropositivi che non hanno accesso, per pregiudizi nei confronti di questa condizione, alla scuola e costretti, fino a qualche anno fa, a girare con un bracciale con la scritta «Aids».
La Romania si trova in una situazione particolarmente delicata in seguito alla chiusura di numerosi istituti e orfanotrofi in cui i ragazzi romeni privi di famiglia venivano accolti. Tale chiusura non è stata affrontata dalle autorità locali con la predisposizione di forme alternative di accoglienza. I ragazzi che spesso hanno vissuto esperienze di grande deprivazione sia morale che materiale, dopo la dimissione dagli istituti in cui erano ospiti, sono rimasti privi di punti di riferimento e conseguentemente sono stati facile oggetto di sfruttamento e reclutamento da parte della malavita. Lo confermano i dati raccolti nei centri di prima accoglienza e negli istituti penali minorili, soprattutto del nord e del centro Italia.
E’ doveroso quindi verificare le condizioni di vita dei bambini rimpatriati, per capire soprattutto se sono destinati a vivere in un istituto o se verranno riconsegnati ai clan di sfruttamento da cui provengono. Da recenti studi sugli istituti assistenziali romeni, è emerso che non si tratta di situazioni simili alle nostre, ma di assistenza maternale delegata a persone che per un compenso irrisorio si occupano dei bambini: e si registrano numerosi casi di abuso.
La vicenda di  Gratian non è unica, è accaduto ancor prima ad altri quattro bambini, tra loro fratelli, di età compresa tra i due e i sette anni. Sono Cristina Narcisa, Lorenzo, Romeo e Marinella Raducan  la cui richiesta di rimpatrio da parte del Console romeno è stata accolta nello scorso agosto dal Tribunale dei minori di Roma. Le autorità romene parlano di 50 bambini già rientrati dall’Italia mentre il responsabile del V Dipartimento del Comune di Roma, Stefano Giulioli, sta chiedendo a tutti i tutori (sono sette o otto) di preparare una lista dei bimbi romeni che si trovano in case famiglia a Roma. 
Il tutto nell’indifferenza delle nostre istituzioni. E, invece, senso di umanità ed i giustizia vorrebbe che si bloccassero  tutti i rimpatri di minori finché le politiche rumene per l’infanzia non prendono una piega diversa.
 

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