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Marcello Lonzi, la vergogna dell'ennesima archiviazione
Giulia Torbidoni

Che tipo di malore fisico è quello che fa morire un uomo in una pozza di sangue, gli provoca segni di bruciature sul corpo, ferite, ecchimosi, traumi al cranio e lividi al volto? L'uomo è Marcello Lonzi, di 29 anni. Morto l'11 luglio 2003 nella cella numero 21, sezione sesta, padiglione D, del carcere delle Sughere, a Livorno.
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Livorno, Rinaldo Merani, due giorni fa (19 maggio) ha archiviato l'inchiesta sul decesso del ragazzo. Per il gip, si è trattato di “un malore”. Nonostante che la riesumazione del cadavere, avvenuta ad agosto 2006, abbia dimostrato che Marcello aveva anche 8 costole rotte, il polso sinistro fratturato e alcune ferite non compatibili con la versione dell'arresto cardiaco per “cause naturali”.
Questa è la seconda volta che il caso Lonzi viene chiuso e spiegato con le “cause naturali”. Il 10 dicembre 2004, infatti, il pm Roberto Pennisi chiese l'archiviazione perché tutti gli atti di indagine “doverosamente eseguiti escludono ipotesi diverse da quelle che riconducono la morte di Lonzi a cause naturali”. E il gip, sempre Rinaldo Merani, accolse la richiesta di archiviazione, sostenendo che il ragazzo era morto per “aritmia maligna instauratasi su una ipertrofia ventricolare sinistra”.
Alle cause naturali, però, non ha mai creduto la madre di Marcello, Maria Ciuffi. “Sono convinta che mio figlio sia stato picchiato da qualche guardia penitenziaria”, ha detto più volte la signora Ciuffi che è riuscita in questi anni a fare riaprire il caso. Dopo l'archiviazione del 2004, infatti, Maria Ciuffi ha denunciato alla procura di Genova tre persone: il pm Pennisi che era di turno la notte in cui Marcello è morto; il medico legale Bassi Luciani che fece l'autopsia e un agente di polizia penitenziaria, il cui nome non è chiaro, che avrebbe firmato il verbale. All'udienza, inoltre, è stata presentata una contro-perizia medico-legale che per il gip di Genova conteneva elementi di “una qualche rilevanza ai fini della riapertura delle indagini”. In questa seconda indagine c'erano anche degli indagati: due agenti di polizia penitenziaria, accusati di omessa vigilanza, e il compagno di cella di Marcello, accusato di omicidio preterintenzionale. Lo scorso marzo, però, la Procura della Repubblica aveva chiesto l'archiviazione. Accolta due giorni fa.
Marcello era stato rinchiuso a marzo del 2003 nel carcere livornese con l'accusa di tentato furto. Quando è morto, doveva ancora scontare 4 mesi. Secondo alcune testimonianze raccolte in questi anni dalla signora Ciuffi, Marcello era stato picchiato più volte dalle guardie carcerarie.
I buchi neri della vicenda sono diversi e la madre di Marcello è intenzionata ad andare avanti nella ricerca della verità. Due giorni fa, piangendo davanti all'ultima decisione del gip, ha detto che presenterà ricorso in Cassazione. Intanto, fuori dal tribunale, una ventina di persone manifestavano contro la richiesta di archiviazione e l'insabbiamento delle responsabilità del pestaggio. Quando la signora Ciuffi ha letto la l'esito dell'udienza, si sono alzate grida contro il tribunale: “Vergogna!”.

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