Osservatorio italia-razzismo Ormai da tempo si parla di sovraffollamento nelle carceri italiane e su un totale di 69 mila detenuti, circa il 38%, è composto da stranieri. Per una persona immigrata la difficile realtà detentiva viene resa ancora più gravosa da una preoccupazione: quella dei documenti. I nfatti, nonostante sia possibile rinnovare il permesso di soggiorno anche in carcere, questa procedura non avviene mai né automaticamente né facilmente. E così molti, una volta fuori, si ritrovano senza alcuna garanzia di un lavoro, di un’abitazione, di una condizione regolare. In una situazione, a volte, anche peggiore di quella iniziale. Qui di seguito un brano di una testimonianza assai significativa sulla questione: “Il giorno del mio fine pena, viene a prendermi in carcere la polizia che mi trattiene in Questura fino a sera. (…) Un ispettore gentile, dopo molte telefonate, mi dà un foglio dove c’è scritto che ho 15 giorni per andarmene dall’Italia, da solo. Mi dice anche che il permesso di soggiorno è scaduto mentre ero in carcere e che non risulta che abbia chiesto la sanatoria. Ma anche se il permesso fosse stato ancora valido, avrei dovuto lo stesso andare via, perché ho l’espulsione in sentenza (…). Non ci capisco niente. E poi, se sapevano che avevo l’espulsione perché l’assistente sociale e l’educatrice mi hanno anche cercato lavoro (vabbè che non l’hanno trovato) senza dirmi che prima dovevo chiedere la revoca dell’espulsione? Capisco solo che per 15 giorni sono autorizzato a rimanere in Italia: per trovare un lavoro, un alloggio, un permesso di soggiorno, una cosa da niente per un ex detenuto, ex tossicodipendente, extracomunitario.” Tratto da “Storie e testimonianze dal carcere”, dal sito ristrettiorizzonti.it. 16 novembre 2010 |
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