Jonathan Littell, Le benevole, Einaudi, Torino, 2007 di Matteo Cateni Le Benevole è un libro che sconvolge, che fa pensare, che entra negli anfratti più reconditi dell’animo umano, oltre a fornire un eccellente spaccato storico dell’Europa travolta dalla furia nazista durante la seconda guerra mondiale. E’ la storia di Maximilien Aue, nato in Alsazia da padre tedesco e madre francese, che dirige una fabbrica di merletti in Normandia, dove si era rifugiato alla fine della guerra, scampando al processo di Norimberga. E’ lui stesso a raccontarci la sua vita.
Negli anni tra il ’37 e il ’45 fa carriera nelle SS, dopo aver lasciato la casa della madre, la quale, abbandonata dal padre, si fidanza con un altro uomo, Moreau, un ricco uomo d’affari che Maximilien non sopporta. Nelle SS ci entra per caso, pur essendo un convinto nazionalsocialista, in seguito a un fermo di polizia per un incontro omosessuale: per evitare la denuncia e la conseguente punizione, si arruola, anche grazie all’aiuto di Thomas Hauser, un giovane ufficiale che farà una rapida carriera e sarà sempre al fianco dell’amico nei momenti decisivi. Dietro suggerimento di Thomas, nel 1941 entra a far parte dell’Einsatzgruppe del fronte orientale (Ucraina e Caucaso) che, durante l’assedio di Stalingrado, si occupa del rastrellamento degli ebrei dei territori appena occupati. Il suo compito è redigere i rapporti per lo Stato Maggiore sulla questione ebraica. Per un diverbio con un superiore viene mandato nella Stalingrado sotto assedio, proprio quando le sconfitte tedesche stanno segnando un punto di non-ritorno per il Reich. Salvatosi miracolosamente da una grave ferita, che gli procura onorificenze, passa la convalescenza in Costa Azzurra, dove vive la madre, alla quale attribuisce le colpe della scomparsa del padre e del distacco da Una, la sorella gemella alla quale è legato da un rapporto incestuoso mai risolto che risale alla sua infanzia e adolescenza. I fatti delittuosi che accadono in Costa Azzurra rimangono avvolti nelle nebbie mentali del protagonista. Quando rientra in Germania la sua carriera ha raggiunto livelli molto alti: collabora con Himmler e Eichmann per innalzare la produttività dei Lager. La guerra sta volgendo al termine, gli Alleati marciano verso Berlino e la Germania ha i giorni contati. Maximilien riesce a salvarsi grazie al suo bilinguismo e soprattutto all’aiuto dell’amico Thomas. In Francia si rifarà una vita “normale” con una famiglia e la fabbrica di merletti. Le Benevole ci racconta gli orrori della guerra attraverso la lente del carnefice, tessendo le trame di quel tessuto narrativo tra due poli: umano e disumano. Citando una frase dello stesso protagonista si può ben intendere uno dei passaggi fondamentali del romanzo: “Non ho alcun rimpianto: ho fatto solo il mio lavoro, tutto qui.” E anche: “E’ una storia che vi riguarda: vedrete che vi riguarda!”. Da queste parole traspare come non solo l’autore conosca a fondo le dinamiche dei processi mentali umani, ma anche come sia riuscito a infiltrarsi in un tema filosofico fondamentale come la dicotomia tra il bene e il male, la vita e la morte, destabilizzando schemi, tabù e pregiudizi della società contemporanea. Non c’è niente di scontato in questo romanzo, niente è affidato a preconcetti, ma sembra che il racconto segua le pieghe del pensiero più intimo e profondo del protagonista. E’ straordinaria la capacità dell’autore di riuscire a fondere l’aspetto del romanzo storico erudito con quello dell’affresco epico, dove si condensano tutti i temi principali della letteratura occidentale. Le parti che più mi hanno colpito sono i sogni di Maximilien, che sembrano di volta in volta aprire uno squarcio nella sua mente contorta e disturbata. I sogni stessi sono evocatori di fantasmi che, come le furie “benevole” dei Greci inseguono il protagonista attraverso uno dei capitoli più controversi e terribili della storia occidentale. Maximilien Aue è la nostra parte oscura, ciò che abita nel nostro inconscio ma che non sempre ammettiamo che esista. Non è il male assoluto, è il male umano, la sua parte più cruda e schietta, lucida e straordinariamente razionale. (Rebibbia, novembre 2008) |
- Pubblichiamo il racconto di Antonio Argentieri, apparso sul sito www.terramara.it, in cui denuncia un pestaggio subito da alcuni agenti del carcere di Arezzo nel 2004
- Pubblichiamo una serie di lettere inviate da detenuti a Radio carcere, trasmissione settimanale a cura di Riccardo Arena, su Radio Radicale
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