Home            Chi Siamo             Links             Cerca             Contattaci



Springsteen: la galera ha un’anima
di Francesco Gentiloni

"Tutto ciò che disse fu
Ehi gente, sono Pete Il Fuorilegge
Mi avete sentito?"

Outlaw Pete è il cavallo di battaglia, l'anima, il manifesto politico dell'ultimo album di Bruce Springsteen (Working on a dream, 2009).   Si narra l'epopea di un simpatico fuorilegge nato nei monti Appalachi, del suo spirito libero - più forte anche dell'amore per una bella ragazza Navajo - e dei conti spietati con la propria storia e il proprio passato:
"A sei mesi aveva fatto tre mesi in galera
Svaligiò una banca col suo pannolino e i suoi piedini nudi di bimbo
Tutto ciò che disse fu: Gente sono Pete Il Fuorilegge".
La galera ha un'anima nel mondo springsteeniano. E' un punto di riferimento quasi cruciale nella descrizione della società e delle sue dinamiche. Racchiude in qualche modo "il mondo intero", come in Jungleland (da Born to run, 1975), grande rappresentazione teatrale in sospeso tra la vita e la morte, tra sogno e realtà, di  un mondo epico fatto di periferie cittadine degradate, di scontri tra bande e storie d'amore vissute nell'oscurità notturna:
"E i ragazzi qui intorno sono come ombre
Sempre silenziosi, mano nella mano
Dalle chiese alle prigioni
Il mondo intero è avvolto nel silenzio stanotte
Mentre noi prendiamo il nostro posto
Nella giungla d'asfalto".
Il mondo intero è racchiuso tra le chiese e le prigioni.
Il riferimento si fa ancora più diretto e amaro: Jackson Cage (da The river, 1980) non si riferisce alla prigione della città di Jackson, ma addirittura descrive la città di Jackson come prigione:
"Nella prigione di Jackson
Giù nella prigione di Jackson
Puoi provare con tutte le tue forze
Ma ti viene rammentato ogni notte
Che sei stato giudicato e ti è stata data la vita
Giù nella prigione di Jackson...
Amore riesci a capire
Il modo in cui trasformeranno un uomo
In un estraneo da lasciar andare in rovina?
Giù nella prigione di Jackson".
La prigione di Jackson è usata metaforicamente per dare un senso alle proprie scelte: rimanere  aggrappati a quello che si ha e lottare per tenerselo stretto, oppure rompere gli schemi e mandare in rovina l'esistente, scommettendo sull'incertezza del futuro. 
La crudezza e immediatezza dei versi di Springsteen si esprimono al meglio, probabilmente, nel suo primo album acustico, Nebraska (1982). Il brano che dà il titolo al disco è un vero pugno allo stomaco. Poche, asciutte strofe danno voce a una vicenda realmente accaduta nel 1958. E' una storia di omicidi e desolazione, quella di Charles Starkweather, dei suoi delitti commessi, per noia o per svago, senza alcun motivo, mentre attraversava una parte degli Stati Uniti:
"Non posso dire che sono pentito delle cose che abbiamo fatto
Se non altro, almeno per un po’, ci siamo divertiti".

Non c'è retorica, né compiacimento. Pochissimi aggettivi per raccontare la follia criminale e il male di vivere che può drammaticamente trascinare in fondo all'abisso. Viene descritto il senso di vuoto, la desolazione, il suicidio dei valori, il mondo che crolla addosso ai tanti Starkweather della società, e la speranza che se ne va a farsi benedire:
"La giuria emise un verdetto di colpevolezza e il giudice mi condannò a morte
Mezzanotte nella cella di una prigione con cinghie
di pelle strette attorno al mio petto
Hanno stabilito che non ero degno di vivere e in quel
grande vuoto hanno gettato la mia anima
Volevano sapere perché ho fatto quello che ho fatto
Beh, signore, credo che ci sia tanto squallore in questo mondo".
Sempre nello stesso album (Nebraska, 1982) Springsteen racconta un'altra storia di desolazione, emarginazione e povertà. Una denuncia senza appello dello sfrenato liberismo del periodo reaganiano:
"Così hanno chiuso la fabbrica di automobili di Mahwah il mese scorso
Ralph si è messo a cercare un lavoro
Ma non ne ha trovato nessuno".
Un uomo come tanti - questa volta non un folle criminale, come il protagonista di Nebraska - vede la propria vita finire in pezzi: perde il lavoro, in preda all'alcool, alla disperazione e alla miseria spara a un guardiano e finisce in galera:
"Tornò a casa troppo ubriaco per aver mischiato Tanqueray e vino
Prese una pistola e sparò a un guardiano notturno
E adesso lo chiamano Johnny 99".
Entra in scena il giudice (di nome, non a caso, Mean, Malvagio) che decide la sorte dell'accusato solo guardandolo dall'alto in basso:
"Ci sono le prove figliolo e la pena deve essere proporzionale al crimine
Carcere per 98 anni più uno
E così lo chiameremo anche noi Johnny 99".
L'ultima parola spetta al condannato, che ricorda le ingiustizie e i mali sociali che lo hanno spinto in rovina:
"Giudice, avevo debiti che un uomo onesto non può riuscire a pagare
Le banche tenevano stretta l'ipoteca e stavano portandosi via la mia casa
Ora io non dico che questo faccia di me un innocente
ma è stato questo il motivo principale per cui ho preso quell'arma".
Un durissimo atto d'accusa contro la società americana e il presidente Reagan colpevole, tra l'altro, di aver strumentalizzato il nome di Springsteen per fini elettorali. In un concerto a Pittsburgh, nel settembre del 1984, così Springsteen introdusse l'esecuzione di Johnny 99: "L'altro giorno il Presidente ha fatto il mio nome. Mi sono chiesto quale sia il mio album che gli piace di più ... Non credo che sia Nebraska. Non credo abbia mai sentito questa canzone".
Nel 1995 esce un altro album acustico, The ghost of Tom Joad. Bruce Springsteen celebra le contraddizioni e i drammi dell'epoca contemporanea rievocando l'epopea di Tom Joad, il protagonista di Furore di John Steinbeck. Un album ricco di storie tristi, drammatiche e poetiche di esuli, immigrati messicani, profughi, reduci del Vietnam.
Le fatiche improbe e le ingiustizie nel nuovo ordine mondiale. E ancora la prigione e la difficoltà a reinserirsi, una volta usciti. Così, in Straight time (da The ghost of Tom Joad, 1995):
"Sono uscito di prigione nell'86, ho preso moglie
e ho seguito la retta via cercando di sopravvivere e star fuori di galera
Ho trovato un lavoro, che mi farà ricco, in una fabbrica di vernici
Nella penombra, prima che arrivi l'ora di cena, a volte sento una scossa
mi viene una gran voglia di attraversare quella linea sottile ....
Sono stufo di rigare dritto".

Il carcere ti entra dentro e non esce più. Sembra di morire, dentro, ma poi addirittura diventa la tua vita; e la tua vita assomiglia a una libertà vigilata:
"Otto anni al fresco, ti sembra di morire
ma poi ci si abitua a tutto e prima o poi diventa la tua vita
La sera, sul pavimento di cucina lancio in aria i miei bambini
Mary sorride, ma mi osserva con la coda dell'occhio
mi sembra di essere in libertà vigilata".

Non c'è via di fuga, neanche nel finale:
"Torno a casa, la sera, e non riesco a togliermi il puzzo dalle mani
Poso la testa sul cuscino e vado alla deriva in terre straniere".

Le canzoni di Springsteen sono un inno alla libertà, sono una continua ricerca di una terra promessa e di una società diversa da raggiungere per fuggire dall'oscurità di strade secondarie o dalla miseria di bassifondi urbani.
Ecco perché non potevano mancare riferimenti a carceri, a galere, a celle e a prigioni. A tutto ciò che incarna la negazione stessa della libertà.

 

Share/Save/Bookmark
 

Numero dei detenuti presenti su 43084

61.481 detenuti
il 7/2/2014


Osservatorio sulla contenzione
a cura di Grazia Serra

  
   

   
    a cura di Francesco Gentiloni

" Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri"
Voltaire

 


Relizzazione tecnica: Emiliano Nieri
Progetto grafico: Enrico Calcagno, Daniele Funaro - AC&P - Aurelio Candido e Partners
Powered by Joomla!